Il giudizio di Michael Hoffman sul caso Abrahamowicz


ABRAHAMOWICZ IN SOCCORSO DI WILLIAMSON!

Di Michael Hoffman[1]

Il coraggio è sempre contagioso. La vista di un essere umano chi si ritrova da solo a fronteggiare una folla tumultuante spesso ispira altri a seguirne l’esempio, nonostante le minacce e gli insulti della maggioranza.

In un pomeriggio d’autunno, molto tempo fa, il mio nonno materno entrò in una stanza dove la televisione stava trasmettendo un incontro di football del campionato dei college. Uno dei suoi amici gli chiese: “Joe, per quale squadra fai il tifo?”. Non conoscendo nessuna delle squadre che giocavano in quell’occasione, mio nonno rispose: “Qual è quella più debole?”, e quella sarebbe stata la squadra per la quale avrebbe tifato.

La settimana scorsa, il Vescovo Williamson ha subìto più pressioni di quante la maggior parte degli esseri umani si trovino a dover affrontare nel corso di un’intera vita. E’ stato zittito e umiliato dai suoi superiori, e messo al bando dalle cattedrali e dalle chiese tedesche. Nel corso di questa dura prova si è rifiutato di ritrattare le proprie opinioni sulle camere a gas di esecuzione. Come spesso accade, questo indomito “perdente” ha, a sua volta, ispirato altri esseri umani che disprezzano le prepotenze e che diffidano dell’opinione generale, fomentata da gentaglia urlante convinta della propria onniscienza e incoraggiata dal sentire che il proprio comportamento viene approvato da papi e da rabbini (in realtà qui bisognerebbe puntualizzare: da “rabbini-papali e da rabbini normali”, visto che certi papi si comportano come dei cripto-rabbini, piuttosto di come si sarebbe comportato S. Pietro).

La buona notizia è che adesso il Vescovo Williamson si ritrova in compagnia, nelle sembianze di un altro sacerdote senza peli sulla lingua della Fraternità S. Pio X (i “lefebvriani”, secondo il gergo conciliare), un sacerdote che risponde al significativo nome di Floriano Abrahamowicz [foto], egli stesso di origine ebraica.

Il reverendo Abrahamowicz è un pensatore indipendente, assolutamente non pedante, e agnostico sul dogma a cui noi tutti siamo costretti a credere – quello delle camere a gas omicide di Auschwitz – un uomo disposto a pensare fuori dal coro. Le sue osservazioni suonano confortanti, nella convinzione del diritto a mettere in discussione i dogmi fabbricati dagli uomini, resi sacri da tiranni che si atteggiano a progressisti.

I media di regime, compresi in particolare quelli della Chiesa Cattolica del Novus Ordo, sono così prevenuti da scrivere titoli menzogneri persino dopo che l’oggetto di tali titoli li ha smentiti. Di qui, la falsa accusa: “…Contestare l’Olocausto”, nei titoli del National Catholic Reporter.

Questi furbi scribacchini pensano di passarla liscia con i loro inganni - approfittando della parola “Olocausto”, appartenente alla NeoLingua orwelliana, che è stata imposta alla questione delle camere a gas - in modo da far sembrare che contestando UN DETTAGLIO della storia della seconda guerra mondiale lo scettico bene informato sia in realtà un pazzo che contesta L’INTERA STORIA della seconda guerra mondiale.

Non osano fare a meno della loro parola prediletta – Olocausto – per paura che l’opinione pubblica focalizzi il vero problema: non esiste un solo rapporto d’autopsia che mostri che anche una sola persona sia statagasata a Auschwitz”. Neanche uno! Quando gli venne chiesto, nel processo-show del 1985 a Toronto contro l’editore Ernst Zündel, di produrre la prova scientifica delle gasazioni omicide, l’eroe di Norman Finkelstein – il prof. Raul Hilberg, decano degli storici americani dell’”Olocausto” – disse alla corte: “sono confuso”.

Questa scarsità di prove scientifiche riguardo alle esecuzioni per mezzo di gas, una scarsità documentata con grande perizia dal chimico Germar Rudolf, del Max Planck Institute – ora in prigione – costituisce il centro dell’attenzione da parte dei revisionisti, non il cosiddetto “Olocausto” (una parola che è stata imposta, in senso neologistico, in questo ambito di studi dal 1967), una parola che può significare qualsiasi cosa, dagli ebrei civili innocenti rinchiusi crudelmente nei campi di concentramento (vera) e fucilati in gran numero sul fronte orientale (vera) alla zia di Elie Wiesel ridotta a paralume (falsa) a Rudolf Vrba che assisteva alle uccisioni tramite gasazione ad Auschwitz (falsa anch’essa, come questo “testimone infallibile” ammise di malavoglia durante il contro-interrogatorio di Toronto condotto da Douglas Christie, avvocato difensore di Zündel).

La religione dell’Olocausto deve rimestare nel vago, nei luoghi comuni e negli isterismi, per mantenere il suo prestigio. Il revisionismo si occupa di fatti precisi e dell’esattezza scientifica, in base agli stessi criteri di scetticismo empirico ritenuti appropriati in ogni altro ambito di ricerca storica, e applicati a ogni altra diceria concernente le atrocità di guerra, come ad esempio l’attuale fuga dalle responsabilità, da parte degli ufficiali israeliani, rispetto alle accuse sui crimini di guerra compiuti a Gaza, una fuga considerata del tutto legittima proprio dagli stessi media che deridono e scherniscono quelli che gettano dubbi su una storia, come quella delle camere a gas, che ha stravolto molte volte la propria narrazione e la propria architettura a partire dal 1944

Michael Hoffman
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://revisionistreview.blogspot.com/2009/01/abrahamowicz-to-rescue.html