Harry Elmer Barnes: il suo ricordo è un campo di battaglia

GLI OSTACOLI ALL’ACCURATEZZA STORICA

Di Richard Widmann[1]

Harry Elmer Barnes è una figura controversa, il cui ricordo è deformato sia dai detrattori che dai sostenitori. La sua lunga e prestigiosa carriera – che ha esplorato molti argomenti e interessi – è spesso stata oscurata dal suo revisionismo storico. Persino gran parte del suo lavoro di revisionista, che iniziò negli anni successivi alla prima guerra mondiale e continuò durante la Guerra Fredda, è dimenticato rispetto alla sua opera di demitizzazione dei miti della seconda guerra mondiale.

Le emozioni scatenate dalla seconda guerra mondiale rimangono alte. Mettere in discussione qualsiasi aspetto di questa guerra provoca ancora dure resistenze e attacchi ad hominem. Barnes scrisse una volta che agli occhi degli antirevisionisti il termine “revisionista” sa di cattiveria e di spirito vendicativo. I pochi, brevi, giudizi di Barnes sull’Olocausto, la sua recensione positiva del libro pionieristico di Paul Rassinier, Il dramma degli ebrei europei, e il suo coinvolgimento nella pubblicazione di qualcuna delle prime opere di revisionismo olocaustico gli hanno valso attacchi feroci da parte della turba antirevisionista.

Nella pappardella tanto acclamata di Deborah Lipstadt, Denying the Holocaust, l'autrice accusa Barnes di essere antisemita[2]. Accusa Barnes anche di distorcere “informazioni e di travisare fatti storici accertati”[3]. Ella afferma che Barnes ha cercato di assolvere la Germania nazista e contesta persino la sua reputazione di storico[4]. L’enciclopedia in rete – molto letta (e molto imprecisa) – Wikipedia ha fatto anche di più. Gli antirevisionisti che curano Wikipedia chiamano Barnes un “negazionista dell’Olocausto” e un “simpatizzante nazista”[5].

Il ricordo di Barnes è stato danneggiato anche da qualcuno dei suoi sostenitori. La rivista che si fregia del suo nome cambiò diversi anni fa la propria intestazione assumendo quella di “Rivista del pensiero e della storia nazionalista”[6]. Intestazione tale da insinuare che Barnes non solo aveva abbracciato il pensiero nazionalista ma che in qualche modo era diventato uno degli esponenti più importanti di tale orientamento. La verità è esattamente l’opposto.

Barnes prese in esame la relazione tra il nazionalismo e la storiografia nel suo History and Social Intelligence (1926). Dopo aver delineato una breve storia dell’importanza del nazionalismo nella storia mondiale, Barnes analizzò l’impatto del nazionalismo sulla storiografia. Barnes prese in esame i movimenti nazionalisti di diverse nazioni, incluse Germania, Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Barnes aveva un’opinione molto negativa della storiografia in questione, inclusa l’opera di Houston Stewart Chamberlain e di quelli che definì “i germanofili spudorati”.

Barnes descrisse l’impatto del nazionalismo sulla storiografia nel modo seguente:

“L’effetto finale dello sviluppo della nazionalità e del nazionalismo sulla storiografia è molto diversificato e i suoi aspetti positivi mescolati ad alcuni svantaggi. I suoi effetti positivi sono stati, soprattutto, l’acquisizione di grandi raccolte di materiale documentario che altrimenti non sarebbe mai diventato accessibile e il tirocinio di molti storici eccellenti nella fase della raccolta e dell’elaborazione redazionale delle fonti. Gli effetti deplorevoli sono riassumibili in una tendenza pericolosa al patriottismo, che non solo ha impedito un trattamento sereno, obbiettivo ed accurato dei fatti storici, persino in storici di alta erudizione, ma che ha anche contribuito in misura non indifferente all’impetuoso aumento dello sciovinismo che portò alla calamità del 1914”[7].

Non c’è dubbio che Barnes abbia cercato di scrivere la storia in un modo che fosse libero dal pregiudizio. Se una tale obbiettività può essere in definitiva irrealizzabile, questo nondimeno fu il suo scopo. Egli considerava il patriottismo e il nazionalismo come due ostacoli alla verità e all’accuratezza storiografiche. Oggi, si è ben consapevoli che non è solo l’adesione a tali movimenti di ostacolo alla verità storica ma anche l’adesione ad uno speculare antipatriottismo e antinazionalismo. La Lipstadt, per fare solo un esempio della sua totale avversione all’imparzialità, sostiene che le opinioni “scorrette” di Barnes sull’Olocausto e su Israele derivino dalla sua germanofilia, dal suo approccio revisionista alla storia, e dal suo antisemitismo. Pochi considerano, la Lipstadt meno di tutti, che le opinioni inesatte sull’Olocausto e su Israele derivano anche dalla germanofobia, da un approccio antirevisionista alla storia e, particolarmente nel suo caso, dai propri finanziatori.

Il ricordo di Harry Elmer Barnes è un campo di battaglia. Per gli antirevisionisti, Barnes era pieno di cattiveria e del desiderio malsano di infamare i salvatori del genere umano. Per i revisionisti, è stato uno dei primi a screditare gli ingannevoli miti storici che sono di ostacolo alla pace e alla benevolenza tra le nazioni. Forse entrambe le parti dovrebbero distogliere l’attenzione da quello che gli altri dicono di Barnes e prendere direttamente in esame la grande quantità di opere da lui scritte.

In questo numero di Inconvenient History [La storia scomoda] cerchiamo di cancellare diversi miti storici. Diversi articoli trattano alcuni elementi della storia dell’Olocausto. Thomas Dalton presenta la prima parte della sua analisi dettagliata delle dichiarazioni di Josef Goebbels sugli ebrei. Il consigliere editoriale Carlo Mattogno prende in esame la testimonianza del Sonderkommando Shlomo Venezia sulle camere a gas di Birkenau. Thomas Kues offre un esame dettagliato delle memorie di Chil Rajchman. Paul Grubach scrive sui vantaggi che svariate organizzazioni non ebraiche hanno nel sostenere la mitologia dell’Olocausto. La questione se i bombardamenti atomici contro il Giappone furono necessari oppure un esempio di crimine di guerra da parte degli Alleati è esaminata da Joseph Bishop. Inoltre, abbiamo due interessanti recensioni librarie. Io ho recensito Banged Up! [Sbattuto dentro!] di David Irving, che racconta la sua carcerazione per reati d’opinione in Austria. L. A. Rollins offre un esame penetrante di Christopher Hitchens and His Critics [Christopher Hitchens e i suoi critici].
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.inconvenienthistory.com/archive/2010/volume_2/number_1/barriers_to_historical_accuracy.php
[2] Deborah Lipstadt, Denying the Holocaust, Plume, New York, 1994, p. 80.
[3] Ibid, p. 79.
[4] Ibid, p. 82.
[5] http://en.wikipedia.org/wiki/Harry_Elmer_Barnes
[6] Il primo numero di The Barnes Review (Ottobre 1994) recava l’intestazione “Portare la storia in accordo con i fatti”. Questa intestazione rimase sulla rivista per diversi anni e rifletteva certamente il pensiero di Barnes.
[7] Harry Elmer Barnes, History and Social Intelligence, The Revisionist Press, New York, 1972, p. 215.