Freda: il don Benedetto Ciampitti di Piazza Fontana

Freda in una recente immagine

L’intervista a Franco Freda su Piazza Fontana ripresa da Ugo Tassinari sul suo blog:

http://www.fascinazione.info/2012/03/romanzodiunastrage-per-freda-ce.html

Il revisionista Franco Freda, pur convinto – e innegabilmente meritorio[1] – revisionista dell’Olocausto, costretto però dal suo coinvolgimento personale su Piazza Fontana a reiterare il concetto, fuorviante e antirevisionista, di “mistero”.

Si confrontino, sulla differenza tra il concetto di segreto e quello di mistero, le affermazioni revisionistiche di Serge Thion e di Paolo Cucchiarelli, con l’uscita melodrammatica di Freda nella detta intervista.  

Serge Thion:

“In questa guerra delle parole, che non conosce tregua (date un’occhiata ai vostri giornali), il revisionista ha dei valori più alti che non quello della guerra, sia essa fra nazioni, fra classi sociali o fra cosmologie religiose; crede che vi sia una verità dei fatti sociali, politici, economici, alla quale il lavoro [intellettuale], realizzato in accordo con il metodo storico, permette di avvicinarsi. Noi viviamo in un mondo di segreti: non, come vorrebbe una facile caricatura, in un mondo di complotti (conspirancy teories), ma di segreti. L’apparato statale è quello che impone ogni sorta di segreti ad ogni sorta di documenti”[2].

Paolo Cucchiarelli:

“Piazza Fontana e l’omicidio di Moro, protagonista politico anche nel 1969, rappresentano i due pilastri dei cosiddetti « misteri italiani ». Tuttavia, non di misteri si tratta. In un paese come l’Italia, affetto da una profonda debolezza civile, politica e statuale, i « misteri » sono i segreti che hanno potuto invecchiare grazie alla condivisione tra più soggetti. Sono i segreti condivisi che, più o meno tacitamente contratti, vengono occultati, elusi, spinti ai margini della cronaca, di modo che tutte le omertà, i compromessi, le operazioni inconfessabili vi si solidificano all’interno. Questo segreto della Repubblica ha retto – contaminando decenni della nostra storia – solo perché ognuno ha avuto una quota di convenienza a non rivelarlo. Chi agì per personale tutela, chi per tornaconto, chi per scelta morale, chi per obbligo, chi per la fede nella preminenza della politica su tutto, verità compresa: le differenti motivazioni – alcune nobili, altre misere, molte orride – hanno portato al medesimo risultato. Cos’è d’altra parte la politica se non convergenza di interessi?”[3].

Condivido pienamente il contenuto delle due citazioni, a parte l’osservazione – riguardo al testo di Thion – che, a mio avviso, viviamo anche in un mondo di complotti, non solo di segreti (i complotti sono un elemento essenziale della politica).

Ecco invece la dichiarazione di Freda:

“Se si volesse parlare con onestà, occorrerebbe dire che Piazza Fontana è un mistero. Invece Giordana e i suoi hanno fatto di tutto pur di addomesticare il mistero, ridurlo, adattarlo. Non allo schermo, ma alle loro dimensioni. Occorrevano un Sofocle, un Euripide e davvero allora il mistero avrebbe trovato le sue parole”.

Sofocle? Euripide?

Secondo me invece, per capire il “mistero” di Freda bisogna tener presente il don Benedetto Ciampitti de Le terre del Sacramento di Francesco Jovine…



[1] È infatti a Freda che dobbiamo la pubblicazione in Italia di alcuni fondamentali studi di Carlo Mattogno nella collana “Visione e revisione storica”: http://www.edizionidiar.it/indice-collane/visione-e-revisione-storica/

[2] In Breve storia del revisionismo (a pagina 3 del testo in pdf):  http://revurevi.net/Teheran/STbrevestoria.pdf
[3] In Il segreto di Piazza Fontana, Ponte alle Grazie, 2009 (prima edizione), pp. 9-10.