George Bernard Shaw: la morale politica dell'Inghilterra

G. B. Shaw nel 1915

LA MORALE POLITICA DELL’ INGHILTERRA[1]
« La Lega delle Nazioni dovrebbe innanzi tutto abolire la neutralità fittizia tanto cara alla disciplina, ma che è quasi sempre fonte di pa­sticci. Quando un paese è considerato neutrale, si agisce generalmente come se non esistesse. Prima della guerra mondiale il Belgio e la Grecia, se­condo i diplomatici, non esistevano dal punto di vista della belligeranza. Li chiamavano paesi neu­trali. In altre parole essi non avrebbero dovuto seguire né le lusinghe inglesi né quelle germani­che. Ma i tedeschi videro praticamente ciò che teoricamente sapevano da un pezzo. Che cioè avrebbero potuto vincere la guerra soltanto nel caso che fossero arrivati al più presto a Parigi. La strada più breve era indubbiamente quella che passava attraverso il Belgio il quale, di conse­guenza, non era affatto neutrale ma rappresentava un ponte per la vittoria o un grave ostacolo per il successo. Essi chiesero subito il passaggio attraverso il Belgio, offrendo pagamenti e risar­cimenti. Il Belgio rifiutò questa offerta ed entrò per ciò in guerra a fianco degli alleati. Se i belgi avessero accettato la proposta tedesca il loro atto avrebbe significato una partecipazione alla guer­ra contro gli alleati e perciò la finzione della neu­tralità sarebbe automaticamente caduta. Pertan­to non si può dire che la neutralità del Belgio venne violata, perché non si può violare ciò che non esiste. Fu una finzione condotta ” ad absurdum” ed ecco tutto».

« Io ho cercato, per quanto mi è stato possi­bile, come critico ufficioso, di mettere in guardia l’Inghilterra contro la sua assurda presunzione di alta moralità perché era facile capire che nes­suno avrebbe potuto finire la guerra senza vio­lare questa o quella neutralità. Ma l’inglese non può resistere al piacere di fare agli altri popoli delle prediche moraleggianti. Il più futile motivo che gli permetta di far sfoggio della sua presunta moralità, gli è più caro di qualunque caso serio da discutere onestamente. Nella nostra vanaglo­ria, ci alzammo ad accusare quella ” razza ” che aveva osato lacerare i trattati (noi stessi ne ab­biamo il cestino colmo) e violare le neutralità. Però più tardi ci accorgemmo che per l’esecuzione del nostro piano in oriente avremmo avuto biso­gno di alcune isole greche, e che era necessario per noi inviare delle truppe in Grecia. Si dovette inoltre riconoscere che la nostra produzione di acciaio dipendeva dall’accaparramento di una cer­ta materia prima, che ci veniva prima fornita dalla Germania e per la quale avremmo dovuto ormai ricorrere all’isola di Eubea. Occupammo dunque senza tanti scrupoli le isole greche, quella di Eubea compresa, poi ci rivolgemmo al re di Grecia per chiedergli se non si sarebbero potute sistemare le cose con una bella entrata in guerra da parte sua. Egli rispose attraverso un interme­diario americano che non aveva voglia di mettersi al fianco di una potenza che mandava trentacinquemila uomini dove ne occorrevano duecentomila. Questo scherzo gli costò il trono. Noi pub­blicammo l’intervista senza menzionare natural­mente quest'osservazione; buttammo giù dal trono il re, ponemmo il figlio al suo posto e ci stabilimmo tranquillamente in Grecia. I greci che avevano ancora vivo dinanzi agli occhi l'esempio del Belgio, si accontentarono di una protesta scritta. Dietro le spalle della Grecia non c’erano forti potenze che l’obbligassero a resistere. Ogni critica morale era superflua. La Grecia avrebbe potuto dichiararci la guerra e rifiutare le nostre pretese, ma non ne aveva il modo, perché sapeva che non avrebbe potuto rimanere veramente neu­trale, tanto meno volatizzarsi nell'aria, o spin­gere il Mediterraneo fino al confine bulgaro ».

« In questo caso tutte le stupide chiacchiere sui trattati lacerati e sulla sacra inviolabilità del terreno neutrale si ridussero a un tranquillo in­tervento da parte nostra ».

« Dobbiamo dunque lasciar finalmente da parte queste finzioni ed occuparci soltanto del problema vero: quello della contraddizione esi­stente fra il diritto dei singoli popoli e i diritti dell’umanità ».

1914 - cartolina di sostegno al Belgio: un soldato inglese indica ad uno francese un belga ferito al capo



[1] In GLI INGLESI CONTRO GLI INGLESI – Giudizi e critiche dei maggiori scrittori inglesi, Roma, Società Editrice del Libro Italiano,1940, pp. 37-40. Di  G. B. Shaw si veda anche:
IL GIUDIZIO DI GEORGE BERNARD SHAW SUI CAMPI DI CONCENTRAMENTO TEDESCHI