Vincenzo Vinciguerra: Giuseppe Pisauro, avvocato di Stefano Delle Chiaie MA ANCHE di Felice Casson

Vincenzo Vinciguerra

Non ho sottomano il libro L’AQUILA E IL CONDOR, l’autobiografia del “parastatale”[1] Stefano Delle Chiaie[2]. Ricordo però che nella pagina dei ringraziamenti il primo a essere citato è lo storico avvocato di Delle Chiaie, Giuseppe Pisauro. In realtà, pochi sanno che Pisauro è stato anche, seppur per breve tempo, l’avvocato di Vincenzo Vinciguerra. Penso sia interessante far conoscere quanto scrisse a suo tempo quest’ultimo sul suo ex legale (e su Felice Casson) nel saggio UNA TOGA DI FANGO[3].

"Nel mese di maggio del 1985, mentre mi trovavo ristretto nel carcere romano di Rebibbia, in sezione speciale, il giornalista Enzo Biagi si mette in contatto con l'av­vocato Giuseppe Pisauro del Foro di Roma, per verificare con lui, che allora era il mio legale di fiducia, la possibilità di ottenere da parte mia una intervista per la trasmissione televisiva 'Linea Diretta', condotta dallo stesso Biagi"[4].

Accetto la proposta del giornalista, ma il mio avvocato, Pisauro, mi sottopone anche la proposta avanzata dal giornalista Roberto Chiodi, per conto de 'Il Giorno' di Milano. Mi assicura che non si sarebbe creata incompatibilità fra le due interviste in quanto sarebbero state rese pubbliche lo stesso giorno, facendo coincidere la data di pubblicazione sul quotidiano e di trasmissione alla Rai con un accordo a tre (Biagi, Chiodi e Pisauro) di cui egli si faceva con me garante.

Nulla di vero c'era in quello che raccontava Pisauro, anzi pur di battere nel tempo Biagi e di evitare che io potessi rispondere liberamente alle domande di Chiodi, il Pisauro si accorda con Casson per "costruire", tutti e due insieme, una mia "intervi­sta" (domande e risposte) con i verbali dei miei interrogatori messi ovviamente a disposizione dal disonesto "giudice Felice".

"Come si fa, in questo caso - scrivevo in una "memoria" al Tribunale di Trieste - a provare che le dichiarazioni da me rese al giudice istruttore, Casson Felice, sono state riportate, pari pari, sull' "intervista" apparsa su "Il Giorno" di Milano, senza incorrere anche in questo caso nell'accusa di calunnia, magari elevata da qualche altro Gulotta? (Il giudice istruttore del Tribunale di Trieste che mi ha rinviato a giudizio - NdA).

Nella maniera più semplice: ponendo a confronto i verbali di interrogatorio resi al magistrato veneziano e da costui passati, in spregio al segreto istruttorio, all'ineffa­bile Giuseppe Pisauro.

Non ho tutti i miei verbali d'interrogatorio - scrivevo sempre ai magistrati triesti­ni -, resi dalla data del 22 maggio 1984 a quella in cui è stata pubblicata l' "intervi­sta". Ma una semplice rilettura di quelli in mio possesso, comparati con il testo dell' "intervista" mi ha consentito di individuarne almeno sette, utilizzati per "costruire" le mie risposte[5].

In questa sede, come esempio, ne portiamo solo un paio, lasciando tutti gli altri a disposizione di coloro che avranno la curiosità di voler verificare la veridicità dei fatti e, poi, riflettere sulla "giustizia giusta" che vige a Trieste.

Nel verbale d'interrogatorio del 20 giugno 1984, reso da me ai giudici di Bologna, Zincani, Castaldo, Dardani – oltre al Casson – si può leggere: "...Tuttavia intendo sin d'ora affermare che tutte le stragi che hanno insanguinato l'Italia a partire dal 1969 appartengono ad un'unica matrice organizzativa.

L'unica che organizzativamente è riferibile a persone non appartenenti alla medesima struttura, la strage di Peteano, tuttavia nella struttura organizzativa predetta ha trovato copertura"[6].

Nel testo dell' "intervista", apparsa il 21 maggio 1985, si può leggere: "Tutte le stragi che hanno insanguinato l'Italia a partire dal 1969 appartengono ad un'unica matrice organizzativa"[7].

Non c'è soltanto, nell'esempio che portiamo per primo, la perfetta ripetizione testuale, a distanza di quasi un anno, di una verità che ho ribadito, fino ad oggi, centinaia di volte sempre, ovviamente, utilizzando parole diverse: c'è la prova della disonestà di un magistrato, Casson, e di un avvocato, Pisauro, che troncano la frase in modo da non far sapere alla opinione pubblica che io nelle "strutture parallele" non mi riconosco.

La "verità" che questa toga di fango presenta oggi come il frutto delle sue "sco­perte" è, in realtà, come si può constatare, una convinzione politica che il Casson ha da sempre e che oggi spaccia per "verità" processuale, acquisita nel corso di anni ed anni di indagini.

Il secondo esempio che vogliamo offrire all'attenzione ed alla riflessione di coloro che leggeranno queste pagine, riguarda il verbale d'interrogatorio del 27 agosto 1984, dove, fra l'altro, si può leggere: "...Cicuttini fu presentato a Stefano dallo spa­gnolo e a lui chiese direttamente sostegno economico e materiale..."[8].

Nel testo della mia presunta intervista, viceversa, è possibile cogliere questa "perla": "...L'elemento spagnolo chiese a Stefano Delle Chiaie sostegno economico e materiale per Cicuttini..."[9].

Come si vede nel "ricostruire" la mia risposta, il duo Pisauro-Casson incappa nel­l'infortunio di una errata interpretazione delle mie dichiarazioni.

Mentre, difatti, io a verbale dichiaro che Carlo Cicuttini venne presentato a Stefano Delle Chiaie dallo spagnolo e, "a lui", cioè sempre al Delle Chiaie, chiese direttamente aiuti economici e materiali per se stesso, il duo Pisauro-Casson si con­fonde, e mi fa dichiarare nell'intervista che fu lo spagnolo a chiedere aiuto a Delle Chiaie a nome e per conto di Carlo Cicuttini.

Ebbene, nel timore, rivelatosi totalmente infondato di trovare a Trieste magistrati dignitosi, il Casson dopo aver fatto rinviare la prima udienza del processo, fissata nel gennaio del 1992, nomina suo legale di fiducia proprio l'avvocato Giuseppe Pisauro del Foro di Roma.

Non è un caso di omonimia: si tratta proprio del mio ex avvocato "difensore" ed attuale rappresentante legale di Stefano Delle Chiaie.

La notizia è di pubblico dominio: "Il giudice Felice Casson querela tramite l'avvo­cato Giuseppe Pisauro, il direttore del TG1 Bruno Vespa...”[10].

La ragione della mossa del "giudice Felice" è semplice da comprendere: preve­dendo, a ragione, che avrei chiamato a testimoniare, dinanzi al Tribunale di Trieste, il Pisauro, lo nomina suo legale di fiducia in modo da creare uno stato d'incompati­bilità fra l'incarico e la sua testimonianza a lui - Casson - necessariamente avversa, non potendo - anche lo avesse voluto - il Pisauro smentire me e l'evidenza dei fatti in merito alla finta intervista a "Il Giorno" di Milano.

Questo è il magistrato Casson Felice.

Gravi, però, appaiono a questo proposito anche le responsabilità dei colleghi di Casson che non colgono, in apparenza, la incompatibilità palese del rapporto Casson-Pisauro noto, quest'ultimo, per essere stato il mio avvocato nel processo di Peteano e, soprattutto, per essere, ancor oggi, l'avvocato di Stefano Delle Chiaie.

C'è da chiedersi quali garanzie, i colleghi di Casson ritengano che possa dare un magistrato che stabilisce un rapporto fiduciario con lo stesso avvocato di un loro inquisito: domanda valida, soprattutto, per i giudici di Bologna, Leonardo Grassi e Libero Mancuso, che il Pisauro hanno avuto come avversario accanito nel processo per la strage del 2 agosto 1980.

Giuseppe Pisauro
 
Stefano Delle Chiaie
 
Felice Casson


[3] Pubblicato, unitamente al saggio “La voce del silenzio”, dalle Edizioni di Avanguardia, Trapani, 1994. L’estratto in questione si trova alle pagine 97-98. Le note a piè di pagina, a partire dalla n°4, corrispondono alle note 5-11 del testo originale.
[4] Documento consegnato al Tribunale di Trieste.
[5] Ibidem.
[6] Verbale d’interrogatorio del 20.6.1984.
[7] “Su Peteano dico la mia verità” – R. Chiodi, Il Giorno, 21.5.1985.
[8] Verbale d’interrogatorio del 27.8.1984.
[9] “Su Peteano dico la mia verità” – R. Chiodi, art. cit.
[10] “Querelato da Casson”, La Stampa – 9.4.1992.