La burocrazia del Doppio Stato, da Bava Beccaris a Calderoli

Fiorenzo Bava Beccaris

Il carattere farraginoso e opprimente della burocrazia italiana. Quella che ti carica di fardelli insostenibili. Quella ritratta, ad esempio, da un libro a suo tempo assurto a notorietà come Volevo solo vendere la pizza[1]:
 

La burocrazia “kafkiana”, insomma: è premeditata oppure no? Qualche tempo fa ha (ri) sollevato il problema Jacopo Fo nel seguente articolo:
 
Burocrazia: lo Stato italiano è cretino!
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/25/burocrazia-lo-stato-italiano-e-cretino/153486/
 
Mi sembra che Fo abbia centrato il punto quando, dopo aver riferito dell’ultima aberrazione legislativa imposta ai ristoranti[2], osserva:
 
Ed è qui anche la radice della corruzione e del potere dei politici: quando ci sono troppe regole, troppo difficili, alla fine non si riesce a rispettarle tutte alla lettera e qui scatta la famosa discrezionalità dei funzionari… Possono chiudere un occhio sui 5 millimetri in meno dell’altezza delle piastrelle oppure possono chiuderti il ristorante per inadeguatezza delle misure igieniche. Se invece la legge stabilisse solo il principio per cui una cucina deve essere pulita, immacolata, e si facessero controlli sul reale stato igienico, allora i funzionari disonesti avrebbero qualche difficoltà in più a dichiarare che una cucina perfettamente pulita è sporca. Invece quando si possono attaccare ai cavilli hanno gioco facile. Un funzionario pubblico spiritoso un giorno mi ha detto: “In Italia esistono due leggi, la prima dice che non puoi fare niente, la seconda dice che puoi fare tutto.”
 
Un punto – quello della relazione tra la farraginosità della burocrazia e il potere che deriva dalla discrezionalità della sua applicazione – sollevato a suo tempo anche da Maurizio Blondet.
Di quanto questa immarcescibile complicanza burocratica sia voluta e intenzionale, al di là dell’apparenza impersonale e “metafisica” della legge, mi sono reso conto qualche giorno fa leggendo una lettera inviata al settimanale l’Espresso[3] e che mi sembra meritevole di essere riportata per intero (i grassetti sono miei):
 
Megghiu cummannari ca…
Cara Rossini, a proposito di lungaggini e burocrazie nel settore della Pubblica amministrazione, voglio raccontarle quello che mi accadde quando, negli anni Settanta, giovane commissario di P. S., fui trasferito in una piccola Questura del centro Italia e destinato a dirigere la Divisione amministrativa che all’epoca concedeva un gran numero di autorizzazioni – oggi in parte trasferite ai Comuni – tra le quali il rilascio dei passaporti. In questo settore trovai un considerevole arretrato, che obbligava i cittadini ad attese di 40/50 giorni. Mi applicai a risolvere il problema e in breve riuscii a fare in modo che i passaporti fossero consegnati nel giro di tre, quattro giorni. Trascorso qualche tempo, il mio superiore diretto mi convocò nel suo ufficio e, dopo qualche frase generica del tipo «lei è giovane, ingenuo, pieno di entusiasmo e buona volontà», espresse il suo pensiero: «Vede, fino a qualche settimana fa noi eravamo Autorità con la A maiuscola: professionisti, industriali, commercianti venivano qui in punta di piedi, si facevano raccomandare, facevano anticamera, aspettavano pieni di timore e di rispetto davanti alla nostra porta e noi concedevamo con discrezionalità e con il contagocce. Quando entravamo in un negozio, ci davano la precedenza, il macellaio ci offriva la prima scelta, il dentista ci faceva lo sconto e, se lei aveva un figlio in età da lavoro, c’erano buone speranze di trovarglielo. Ora le persone che hanno bisogno di un documento neanche si preoccupano di trovarsi  un amico in questura; al limite, pagano un caffè al maresciallo. Noi funzionari siamo diventati del tutto inutili. E se lei oggi va al bar, la gente seduta ai tavoli neppure si alza e si toglie il cappello». Concludo: quando un fiume, anziché correre rettilineo, è obbligato a un’infinità di curve inutili, si può essere certi che su ogni curva ci sarà qualcuno a pescare. Funzionalità, efficienza e rispetto delle leggi non sempre coincidono con il tornaconto degli operatori. Altrimenti, che senso avrebbe il detto mafioso: megghiu commanari ca futtiri.
 
“E se lei oggi va al bar, la gente seduta ai tavoli neppure si alza e si toglie il cappello”: ecco il punto.
Tutto ciò mi ha richiamato alla mente, per analogia, quel “rispetto delle istituzioni” evocato e brandito in modo intimidatorio dal prefetto di Napoli contro quel parroco partenopeo che, a suo dire, non si era rivolto ad una sua collega con la dovuta deferenza: un episodio che suscitò qualche mese fa un certo clamore e che è rimasto immortalato da Youtube.
 
 
Ecco due emblematici esempi – le lamentele dei colleghi dell’ex poliziotto e la reprimenda del prefetto – del famoso Doppio Stato: di quella mentalità cioè che, portata alle sue estreme conseguenze, è responsabile delle stragi che – perpetrate con l’avallo palese o occulto delle nostre classi dirigenti (o almeno, di una parte rilevante di esse) – insanguinano l’Italia sin dall’800: dalla strage ordinata dal generale Bava Beccaris a Milano nel 1898, alla strage di Portella della Ginestra del 1947, alle stragi degli anni Settanta e Novanta.
Due esempi da dedicare a quegli storici e ai quei giornalisti di regime[4] che del Doppio Stato negano addirittura l'esistenza[5].
Se infatti con l’espressione “Doppio Stato” si intende l'applicazione, da parte delle autorità stesse, di tutte quelle misure ritenute necessarie alla perpetuazione delle cricche, caste e cosche annidate all’interno dello Stato, l’esercizio ordinario del potere (la burocrazia) è il complemento necessario, anche se spesso inavvertito, dell’esercizio straordinario (le operazioni sporche, gli attentati sotto falsa bandiera ecc.).
Ma da tutto questo emerge anche quanto sia difficile cambiare le cose in Italia: articoli come quelli di Fo e libri come “Volevo solo fare la pizza” testimoniano anche, per esempio, il totale fallimento della Lega Nord che, questione del federalismo a parte, non è riuscita neppure a fornire il suo elettorato privilegiato (gli imprenditori del Nordest) di strumenti legislativi più umani.
Il potere del Doppio Stato tutto macina e tutto finisce per rendere – almeno a livello di forze politiche – simile a sé. “Megghiu commannari ca futtiri”: i fondamentali mafio-massonici dell'Italietta sembrano inscalfibili. Viene in mente la definizione della massoneria quale “cosa camorristica e buffa” espressa a suo tempo da Luigi Einaudi. Non sono in grado di dire cosa Einaudi intendesse esattamente per “buffo”; certo è, almeno per quanto mi riguarda, che tale buffoneria non va intesa in senso riduttivo e presa alla leggera: nell’esercizio dei poteri “deviati” la cialtroneria “pagliaccesca” va a braccetto con la criminalità.
Diciamo, per intenderci, che la massoneria è “buffa” come il Joker di Batman …
 
 
Da questo punto di vista, la sceneggiata del ministro Calderoli che fa il falò delle leggi inutili senza riformare seriamente la burocrazia
(Calderoli e il falò delle vanità incendia le leggi per autocelebrarsi: http://www.repubblica.it/politica/2010/03/24/news/calderoli_fal-2857780/)
fa capire fino a che punto questi “padani” abbiano fatto proprio lo spirito di quella “Roma ladrona” di cui – a parole, almeno – si volevano sbarazzare.

 


[3] Il numero è quello del 13 settembre 2012, la lettera è riportata a p. 158 nella rubrica delle Lettere a cura di Stefania Rossini.
[4] Sulla controversia riguardante il Doppio Stato, vedi la sintesi di Aldo Giannuli (http://www.aldogiannuli.it/2009/05/la-teoria-del-doppio-stato-come-superare-lo-scontro-tra-dietrologi-e-storici/), che però a mio avviso ha il torto di considerare il Doppio Stato solo come un “agire” e non come un soggetto; in realtà, è l’agire di un ben determinato soggetto, quello della “razza padrona” del nostro paese: la borghesia massonica e compradora di cui parla Gramsci (http://www.inventati.org/reati_associativi/testi%20raccolti/011.html), e di cui abbiamo qui un piccolo, ma significativo, ragguaglio aggiornato: http://www.fascinazione.info/2011/12/fasanella-il-golpista-sogno-era-al.html
 
[5] O che negano l’esistenza della strategia della tensione, il che è lo stesso: http://www.fascinazione.info/2011/10/griner-e-il-mito-della-strategia-della.html (sulla Lindau, la casa editrice che ha pubblicato il libro di Griner, vedi “Lindau: una casa editrice “cattolica””: http://forum.termometropolitico.it/forum/religioni-filosofia-e-spiritualita/cristiani-e-cattolici/tradizione-cattolica/86631-lindau-una-casa-editrice-cattolica.html ). Sull'inizio della strategia della tensione, vedi il documento citato nel seguente link: Settembre 1963: così i Servizi pianificavano la strategia della tensione: http://issuu.com/isgrec/docs/settembre1963/1