Due riflessioni di Gianfranco La Grassa sull'"affaire" Moro


 
Condivido qui, da Facebook, due riflessioni del prof.Gianfranco La Grassa sull’”affaire” Moro: la prima, del 9 aprile e la seconda, di ieri, che prende spunto da un pezzo de il Giornale sulla celeberrima “seduta spiritica” di Prodi e sull’”operazione Gradoli”. Ricordo che, sull’argomento in questione, questo blog ha (ri) pubblicato a suo tempo l’importante saggio (del 1998) di Vincenzo Vinciguerra, I vivi e i morti:
http://andreacarancini.blogspot.it/2010/05/vincenzo-vinciguerra-i-vivi-e-i-morti.html
 
Moro e Kissinger

La Grassa 1:

[in riferimento al “caso Moro”]. E’ assai probabile (non lo do per sicuro al 100%, ma la probabilità è molto alta) la consapevolezza di Moro circa gli intendimenti della parte del Pci “non amendoliana”, ormai maggioritaria. Nel Pci qualcuno parlava anche troppo e certe cose (lo ripeto: dalla Grecia al Cile, ecc.) si sapevano con una certa precisione o quasi. Quindi Moro era sicuramente sospettoso circa le intenzioni del Pci; anche perché non è credibile che, quando andai a studiare a Parigi con Bettelheim (1970-71), si prevedesse in quella sede la possibile implosione dell’Urss e quindi dell’Europa orientale (sempre con alta probabilità, non sicurezza assoluta, e non certo nelle modalità e nei tempi), mentre ne sarebbero stati del tutto ignari i diccì e i piciisti. Una parte della DC era conscia della subdola azione piciista per diventare – nell’eventualità poi verificatasi del crollo del “campo socialista”; e verificatasi con un ritardo di anni a causa dell’azione di grave disturbo portata da certi ambienti americani alla strategia Kissinger-Nixon – il miglior referente politico degli Usa in Italia. Quindi, una parte della Dc (e il Psi craxiano) volevano cominciare a mettere zeppe tra i piedi di Berlinguer e soci. E’ del tutto credibile che il dissidio K.-Moro nascesse dalla politica “araba” di certi settori diccì (non ci si scordi comunque che tale politica era anche quella di Andreotti, che non entrò però in netto contrasto con gli “americani” in trattativa con il Pci); e tuttavia certa asprezza, se reale, si deve spiegare anche con l’azione, altrettanto subdola, di Moro tesa ad ostacolare la prospettiva di accordo Usa-Pci che, in caso di indebolimento o sconfitta dell’URSS, avrebbe portato, e chi sapeva lo comprendeva bene, alla “disgrazia” della DC e alla “fortuna” del PCI (come poi accadde). Ancora: la sera prima dell’uccisione di Moro ci fu la riunione dei vertici diccì, indetta da Fanfani, in cui si decise (ma non dando certo pubblicità alla cosa) di liberare due BR (mi sembra due donne, militanti minori), trasmettendo la notizia, tramite i soliti canali (fra cui quelli chiesastici e anche di gruppuscoli non clandestini ma colloquianti con le BR) ai rapitori (e guardiani). La notizia che arrivò sembra sia stata invece che ormai si era deciso di non trattare più e di far intervenire la polizia nel “covo”. Chi trasmise la notizia falsa, evidentemente, deve aver anche garantito che, se i BR si fossero liberati del fardello ingombrante (che non poteva essere lasciato libero, altrimenti sarebbe stata una sconfitta grave), sarebbe stato loro concesso il tempo di dileguarsi (poi furono presi egualmente, ma è un altro capitolo). Chi ha rovesciato la verità dando un’informazione falsa? Una risposta certa non c’è, ma con un po’ di buona volontà si potrebbe forse, perfino adesso, saperne un po’ di più. Così come si saprebbe di più sui documenti che Moro portava sempre con sé nella borsa, perché si sentiva più sicuro della loro buona custodia con lui protetto dalla guardia del corpo (e qui si è ingannato, ma bisognerebbe saperne di più su che cosa è veramente accaduto nell’azione di rapimento e nella sua preparazione) piuttosto che lasciati nel suo ufficio o a casa di qualcuno, ecc. Ci sarebbe materiale per un ottimo film, se fossimo negli Usa; altro che la cazzatiella di “Buongiorno notte” o come diavolo si chiamava il film di Bellocchio (non contesto la buona fattura, sia chiaro, solo l’impianto “storico” del tutto “fuori fase”).di “Buongiorno notte” o come diavolo si chiamava il film di Bellocchio (non contesto la buona fattura, sia chiaro, solo l’impianto “storico” del tutto “fuori fase”).

Berlinguer e Moro

La Grassa 2:
Quel fantasma del caso Moro che incombe su Prodi al Colle
http://www.ilgiornale.it/news/interni/quel-fantasma-caso-moro-che-incombe-su-prodi-colle-906392.html

è bene che ogni tanto salti fuori questo “fatto”, certamente non irrilevante. Tuttavia, l’impressione è sempre di tanto inchiostro di seppia buttatoci sopra. Adesso non sto a riparlarne in un commento. Dico solo che, alla fine, pur volendo far apparire Prodi in contatto con l’Autonomia e colpevolizzandolo per non aver portato sino in fondo l’informazione dovuta, si fa passare quella “soffiata” come un tentativo di salvare Moro; solo non spinto a fondo per, diciamo così, “coniglismo” del professore. E se fosse stato l’esatto contrario? Far cioè precipitare la situazione – che fu fatta precipitare più tardi quando qualcuno comunicò ai carcerieri che era stato deciso di irrompere nel covo mentre era stata decisa tutt’altra cosa la sera prima nella riunione indetta da Fanfani – in modo che i BR facessero subito ciò che fecero appunto più tardi? Magari, fu proprio il “fraintendimento” e il non aver aperto lo stradario, dirottando altrove l’operazione Gradoli, a salvare quella volta Moro. Forse, Prodi non ha compiuto quella mossa per salvare Moro. E forse non la compì perché è possibile che Prodi (al contrario di Fanfani e Craxi) appartenesse alla “cordata” che appoggiava i contatti tra Usa e Pci e voleva che andasse in porto il “compromesso storico” come una delle mosse che aiutava il passaggio di campo di quel partito. Insisto: se non si riuscirà a rompere il silenzio e a produrre autentiche “notizie storiche” circa i rapporti del Pci con “ambienti statunitensi” durante il regime dei colonnelli in Grecia e poi le varie mene ecc. che condussero a quello di Pinochet in Cile, non credo proprio che appureremo quale fu il gioco di Cossiga (e, non so perché, ma ritengo Prodi più legato a costui che a Moro), quello di Andreotti e, appunto quello di Moro, che non credo sia stato causa ultima dell’evento che poi lo colpì così definitivamente.
 
Kissinger e Napolitano