Furio Colombo e i coloni di Hebron



Scriveva ieri Bruno Tinti, sul Fatto Quotidiano:
“TRAVAGLIO aveva ragione, i fatti sono scomparsi. Prendiamo Ostellino, per esempio …”[1].
E giù una tiritera (antiberlusconiana) contro il noto editorialista del Corriere della Sera, nel cui merito non entro, anche perché qui non interessa.
Ma a Bruno Tinti (e a Travaglio) si potrebbe rispondere:
“Bruno Tinti ha ragione, i fatti sono scomparsi. Prendiamo Furio Colombo, per esempio …”.
Ecco, prendiamo Furio Colombo e la sua risposta dello scorso martedì 13 agosto ad un lettore – che gli chiedeva conto, una volta tanto, della sua appartenenza all’ala filoamericana e filoisraeliana della nostra classe politica – risposta intitolata
Qualcuno è filoamericano e filoisraeliano[2]
dove, tra le altre, saltava agli occhi la seguente affermazione (grassetti miei):
“Non essere filoamericani nell’epoca di Obama, forse la più importante figura di quel Paese dopo Franklin Delano Roosevelt, mi pare impossibile …”.
Aggiungeva poi Colombo che
“tranne Berlusconi, non conosco filorussi”.
L’affermazione su Obama è chiaramente un’enormità[3], un’enormità che però dà la misura di quanto l’informazione che riceviamo da media e da giornalisti, qual è il caso di Furio Colombo, considerati non solo autorevoli ma estremamente autorevoli, sia un’informazione drogata (come già diceva John Kleeves nel 2005[4]).
 
 
Un’informazione che risponde, ancora oggi, ai canoni della propaganda di guerra.
Il fatto che Furio Colombo si possa permettere ancora oggi, in Italia, a quasi 25 anni dal crollo del Muro di Berlino, di pontificare sul presidente degli Stati Uniti (e sui russi) con categorie tipiche della Guerra Fredda, ci ricorda ancora una volta la tragica sproporzione tra il credito di certi personaggi e la vulnerabilità dell’opinione pubblica.
Eppure, a volte, per trovare una smentita a certe imposture non c’è bisogno di andare troppo lontano: basta leggere con attenzione i quotidiani, magari lo stesso quotidiano dove scrive Furio Colombo.
Curiosamente, infatti, lo stesso giorno in cui Colombo impartiva la sua lezioncina di politica estera, proprio sul Fatto Quotidiano il lettore trovava il modo di misurare la sua effettiva aderenza ai fatti.
Mentre infatti Colombo chiudeva la sua risposta presentando i “nuovi” negoziati tra israeliani e palestinesi come un evento epocale e “risolutivo”,
“Quanto a Israele suppongo che molti non sappiano che proprio la settimana scorsa è iniziato a Washington un negoziato di pace fra israeliani e palestinesi destinato a durare per mesi. Fino a una soluzione. Mi sembra un evento che suggerisce una profonda revisione degli stereotipi propagandistici, che sono quasi sempre contro Israele. Meglio sperare”,
a pagina 18 dello stesso giornale un pezzo di Maurizio Chierici dava la misura già dal titolo (Negoziati impossibili tra soprusi e Road Map)
del peso reale da attribuire a questo evento (quando si dice l’ironia dell’impaginazione!).
Il problema, ricordava l’articolo, sono sempre i coloni (e lo stato israeliano che li protegge):
“Il nodo che non scioglie la decisione Onu del 1967 – due popoli, due paesi – resta lo stesso: esproprazione di proprietà palestinesi nelle zone occupate, costruzione di insediamenti israeliani per complicare la nascita di un altro Stato … E alla vigilia di questo incontro di pace, il ministro delle abitazioni annuncia la costruzione di 1200 palazzi su terreni di proprietari palestinesi: godranno di speciali sovvenzioni perché “area di proprietà nazionale”.

Hebron graffiti: "Gli arabi alle camere a gas!"

Concludeva l’articolo:
“Purtroppo gli interessi di bottega prevalgono sulla ragione. In autunno elezioni amministrative. La folla dei coloni non voterà mai chi li strappa dal privilegio. E la pace deve aspettare. Se mai dopo si vedrà”.
Già, i coloni. Quei coloni che sono i grandi assenti della narrazione di Furio Colombo su Israele. Mi viene da pensare che forse, molti dei lettori del Fatto, anche tra quelli che hanno letto l’articolo di Chierici, non si rendono conto di chi siano davvero i coloni e di come si comportano. Propongo quindi la visione del seguente video, su come una colona di Hebron si relaziona con la sua vicina di casa palestinese:
Orthodox Jewish Woman Harasses Palestinian Mother (Donna ebrea ortodossa tormenta mamma palestinese)
 
 


[1] Bruno Tinti, “Ostellino, l’opinionista allergico alla logica”, in il Fatto Quotidiano, venerdì 6 settembre 2013, p. 22.
[2] Furio Colombo, “Qualcuno è filoamericano e filoisraeliano”, in il Fatto Quotidiano, martedì 13 agosto 2013, p. 23.
[3] Su Obama, ad esempio, vedi il post Venti esempi dell’attacco dell’amministrazione Obama alle libertà civili americane:  http://andreacarancini.blogspot.it/2013/05/venti-esempi-dellattacco.html