Fascisti di sinistra o fascisti della mano sinistra? Tre articoli di Dacia Valent su Alexandr Dugin


Un'immagine recente di Alexandr Dugin
 Nel corso delle ultime settimane ho ripubblicato qui i vecchi post del blog Haramlik dedicati alla controversia della blogger Lia contro Magdi Allam, Dacia Valent e i rossobruni. Preciso che, nel caso qualcuno avesse dei dubbi, la ripubblicazione di quei post non implica una presa di posizione da parte mia a favore di una delle due parti in causa. Assolutamente. Tant'è che poi ho cercato nel web archive i post della stessa epoca di Dacia Valent per farmi un'opinione del suo punto di vista. Sine ira et studio, come si dice in questi casi. E, ricordando che l'interesse primario di questa ricerca riguarda i rossobruni – e solo secondariamente certe guerre tra blogger – ho trovato tre articoli di una certa Leila Pettinari (che ha tutta l'aria di essere uno pseudonimo della stessa Valent) su Alexandr Dugin. Tre articoli che possono essere visti anche come un'utile integrazione a Gli Adelphi della dissoluzione (il saggio scritto vent'anni orsono da Maurizio Blondet) e che dimostrano che la Valent, quando non si faceva prendere dall'astio, era capace di scrivere cose molto interessanti. Li ripropongo qui in successione cronologica. Le immagini che li accompagnano sono quelle originali, tranne l'ultima.

QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE MARX E EVOLA


Ci ho messo una vita a convincerla a scrivere sul blog. Ve la presento brevemente, ma tanto imparerete a conoscerla. Leila è il suo nome. Come cognome si è scelta Pettinari.
Il suo lavoro è la filosofia, ma nel vero senso del termine.
È musulmana, è comunista. Non è Nera, ma non si può avere tutto dalla vita.
Comunque, è una gran bella bionda.
Dacia Valent
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Da un po’ di tempo si sente parlare del filosofo russo Alecsandr Dugin.
Addrizzo sempre le orecchie quando sento di parlare di “filosofia”, mi sono affezionata a questo termine leggendo i dialoghi di Platone, e ora immagino Socrate mentre disputa con i sofisti, dimostrando loro quanto sono vani e ridicoli nel sostenere di avere la verità in pugno.
La verità, la sapienza, non la possediamo mai, possiamo solo amarla. Proprio questo amore è l’essenza della filosofia.
Così, con questa immagine nella mente, ho deciso di verificare se Dugin è veramente un filosofo, o solo uno dei tanti sofisti presuntuosi che da tempi immemorabili infestano le agorà dell’antica Atene o la piazza virtuale e mass mediatica.
Cerco con google: escono parecchie pagine, il sito migliore sembra quello di La Nazione Eurasia, con un buon archivio e possibilità di scaricare interi numeri della rivista. Gli autori sono parecchi, alcuni anche abbastanza conosciuti, molto amati e molto odiati.
Ora però non parlerò di loro, mi limiterò agli articoli di Dugin.
Scrive bene, con uno stile scorrevole e idee molto chiare, bisogna dargliene atto.
Ma veniamo ai contenuti. Essendo diversi gli argomenti trattati dal filosofo – naturalmente tutti di tipo politico -, mi limiterò in questa sede ad esaminare un solo articolo, che ho trovato particolarmente significativo. Si intitola “La metafisica del Nazional-Bolscevismo”.
Da bravo saggista, Dugin inizia cercando di dare una definizione del termine “nazional-bolscevismo” (ma non riesce), rintracciandone l’origine (primi decenni dello scorso secolo) e citando i suoi esponenti e teorici (tra cui Niekisch, Junger e Strasser in Germania). Procede poi con un particolare ringraziamento a Karl Popper, per aver definito in maniera chiara il concetto di “società aperta” (come fondamento di una vera democrazia), essenziale per una corretta concettualizzazione del nazional-bolscevismo. La “società aperta” è infatti il vero nemico dei nazional-bolsceviki dughiniani.
Così, grazie a questa definizione popperiana, possiamo almeno comprendere qual è l’opposto del nazional-bolscevismo: “La definizione più felice e pregnante di nazional-bolscevismo sarà allora la seguente: «Il nazional-bolscevismo è la super-ideologia comune a tutti i nemici della società aperta» (Dugin, “La metafisica del nazional-bolscevismo” in La nazione Eurasia, anno I nr. 8; pag. 4).
Ora, forse alcuni di voi penseranno: e ci voleva Popper, per capire che erano antidemocratici?!
Beh, forse no, ma Dugin lo ha ritenuto necessario per una corretta definizione della sua ideologia, altrimenti impossibile da afferrare. Non sembra infatti trattarsi di una ideologia, quanto di un calderone, un aggregatore di –ismi e –isti un po’ inkazzati.
Non fraintendetemi, provo simpatia per persone così, molto più che per i manager e le veline berlusconiane.
Ma proseguiamo. Dopo il nazionalboscevismo e la società aperta, Dugin introduce un’altra coppia di opposti, l’Assoluto e l’Individuo.
Come possiamo immaginare, il primo è associato al nazionalboscevismo, mentre il secondo alla società aperta: “Nemici della "Società Aperta" sono coloro che propugnano ogni genere di modello teoretico fondato sull'Assoluto, invece che sul ruolo centrale dell'individuo.
L'Assoluto, quand'anche la sua istituzione avvenisse spontaneamente e per libera scelta, immediatamente invade la sfera individuale, trasforma radicalmente il suo processo evolutivo, viola coercitivamente l'integrità atomistica dell'individuo sottomettendolo a qualche altro impulso individuale esterno.
L'individuo viene immediatamente limitato dall'Assoluto - pertanto, la società perde la sua qualità di "apertura" e la prospettiva di un libero sviluppo in tutte le direzioni.
L'Assoluto detta fini e compiti, stabilisce dogmi e norme, plasma l'individuo come lo scultore plasma il suo materiale. (Ibid.).
I nazionalbolsceviki sono quindi promotori dell’Assoluto, termine che indica qualsivoglia ente metafisico: idea, principio, movimento, archetipo, ideologia, ecc., di qualsiasi valore e qualsiasi colore, che possa porsi in maniera “coercitiva” e “limitante”, se non addirittura “annichilente”, nei confronti dell’individuo.
Di nuovo, il nostro, non cessa di ringraziare Popper per aver così chiaramente descritto i termini dello scontro in questione: “Marxisti, conservatori, fascisti, persino alcuni social-democratici - tutti questi possono essere identificati come «nemici della società aperta»”.
Al tempo stesso, liberali come Voltaire o pessimisti reazionari come Schopenhauer possono scoprirsi uniti nell'insieme degli amici della società aperta. La formula di Popper è dunque questa: o la «società aperta » o «i suoi nemici ». (Ibid.).
L’opposizione all’individualismo – di per sé giusta, almeno dal mio punto di vista – diventa per Dugin una ragione di vita, la contrapposizione tra soggettivismo e oggettivismo assume per lui le fattezze di uno scontro mitico e sempiterno, la guerra metafisica tra il Bene e il Male.
Presi in una situazione così seria, non potremmo certo metterci a fare gli schifiltosi, del tipo “no, no, per carità, coi fascisti no”; infatti saremmo tenuti ad unirci compatti contro il nemico comune: “... la filosofia politica del nazional-bolscevismo sostiene la naturale unità delle ideologie fondate sull'affermazione della posizione centrale dell'oggettivo, al quale è conferito uno status identico a quello dell'Assoluto, indipendentemente da come sia interpretato questo carattere oggettivo.” (pag. 5).
Continua con tono sacrale: “… La massima metafisica suprema del nazional-bolscevismo è la formula induista Atman e Brahaman. Nell'induismo, Atman è il Sé umano supremo, trascendente, indifferental sé individuale, ma al tempo stesso interno a quest'ultimo, come sua parte più intima e misteriosa, sfuggente ai condizionamenti dell'immanente. L'Atman è lo Spirito interiore, ma in senso oggettivo e sovraindividuale. Brahman è la realtà assoluta, che abbraccia l'individuo dall'esterno, il carattere oggettivo esteriore elevato alla sua fonte primaria suprema.” (ibid.).
Il Sé superiore individuale si annulla nell’Assoluto divino. Roba da far impazzire i neoagici nostrani!!
Secondo Dugin questa è l’essenza di tutte le religioni e di tutte le ideologie vere e proprie. La loro capacità di ridurre a sé l’individuo. Il granello si perde nella distesa di sabbia, l’individuo si perde nell’Assoluto, e con lui, come vedremo, vanno perse anche un sacco di altre cose: per prima, la tradizionale - e giusta - distinzione tra destra e sinistra.
Essendo entrambi “totalitarismi” (infatti Dugin identifica la sinistra con Stalin), questi due estremi si possono toccare sul terreno dell’Assoluto e dell’oggettivo e nella negazione dell’individuo.
Dunque, avanti popolo di kompagni e kamerati, tutti uniti contro l’individual-liberal-capital-occidental-popperian-imperial-soggettivismo!
Infatti: “Destra e sinistra sono ora entrambe divise in due settori. L'estrema sinistra - comunisti, bolscevichi, "hegeliani di sinistra" - vengono a combinarsi nella sintesi nazional-bolscevica con estremisti nazionalisti, étatisti, sostenitori dell'idea del "Nuovo Medioevo" - in breve, con tutti gli "hegeliani di destra". (ibid.).
Qui abbiamo trovato un altro elemento importante: il riferimento a Hegel, filosofo che presenta un tipo particolare di idealismo, che possiamo definire “storicista”.
La prima riflessione critica spontanea riguarda la possibilità di unire destra e sinistra in un unico movimento ideologico.
Dugin da per scontato che sia possibile, sulla base dello scontro con il comune nemico. Un po’ come l’alleanza tra teo-dem e laicisti di sinistra per combattere il Berlusca.
Unioni del genere, come abbiamo visto, non fanno mai tanta strada…
Tutto questo deriva dal dogma duginiano secondo cui alla base di tutto vi è la contrapposizione tra società aperta + individualismo e super-ideologie e Assoluto dall’altra.
Naturalmente questa è una sua idea, possiamo anche non crederci. Ma se non crediamo a questo dogma, crolla tutto il castello di carte.
Non è che non vi sia la possibilità di concepire le cose secondo il suo schema, più che altro è che non è l’unico paradigma interpretativo e fondante della realtà. Alla base dei processi sociali, infatti, possiamo concepire varie coppie di opposti, se cercate nei libri, ne troverete a bizzeffe.
Molti oggi ritengono, come Dugin, che non esistano più “destra” e “sinistra”, o che comunque si tratta di costrutti deboli, forse obsoleti perché storicamente superati, o che probabilmente non sono mai esistiti davvero, se non nelle fantasie barricadiere degli europei neodemocratizzati.
Proprio questo approccio un po’ di decenni fa portò al potere Hitler e Mussolini, il primo fondatore di un partito nazional-socialista dove un simbolo solare rovesciato, metafisico quanto l’Assoluto di Dugin, campeggiava nel bel mezzo di bandiere rosse rosse, il secondo fu direttore dell’Avanti!, giornale del Partito Socialista fondato dal filosofo marxista Antonio Labriola. Come vedete, la fusione di destra e sinistra, l’impianto di elementi nazionalisti nelle ideologie di sinistra, invece di portarci avanti come ritengono alcuni, ci riporta inesorabilmente indietro.
E, quasi a ribadire l’esistenza dei due opposti inconciliabili, questo tipo di fusione non è, in realtà, “di destra e di sinistra insieme”, e nemmeno “né di destra né di sinistra”, nella realtà dei fatti, l’idea di questa fusione è proprio di destra. Anzi, questa è forse l’essenza stessa del pensiero della destra sociale, c.d. “estrema”.
Ora mi fermo, per proseguire in un successivo articolo che tratterà la parte veramente interessante e spesso trascurata del Dugin-pensiero.


QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE MARX E EVOLA 2


Abbiamo parlato della fusione di due opposti, la destra e la sinistra, proposta da molti, ma teorizzata in termini originali dal filosofo russo Dugin.
Ora vedremo qual è l’obiettivo di questa fusione, quale la pietra filosofale che si vorrebbe trovare, l’homunculus da produrre per mezzo di questa “opera alchemica”.
In altri termini: perché distruggere secoli di storia? Perché sopprimere l’individuo in favore dell’Assoluto? Che diavolo di società ci attende alla fine di questo sentiero impervio?
Dugin, che è chiaro, sincero e appassionato, nel suo articolo “La metafisica del Nazionalbolscevismo” ci rivela il suo sogno nel cassetto. Ma prima di tutto ci presenta i suoi “maestri spirituali” e politici, due nomi che conosciamo bene, Karl Marx e Julius Evola.
Parecchi hanno scritto su questi due filosofi, ma pochi sono stati in grado di comprenderne profondamente il significato. A mio parere invece Dugin ci è riuscito, il che non può che fargli onore.
Parlando di Marx “visto da destra”, Dugin sostiene la via bolscevica al marxismo, come unificazione di elementi nazionalisti russi con la dottrina marxista.
A partire da questa visione “bolscevica” e nazionalista, sostiene che il comunismo non è veramente di sinistra, dato che racchiude in sé “aspetti che escono, senza ombra di dubbio, da una cornice di "sinistra" e si associano alla sfera dell'irrazionale, della mitologia, dell'arcaicismo, dell'anti-umanismo e del totalitarismo” (Dugin, “La metafisica del Nazionalbolscevismo”, la Nazione Eurasia, anno I nr. 8, pag.6).
Ora, gli aspetti che lui menziona, naturalmente, non fanno parte del comunismo come lo intendiamo noi, ma di quello che lui chiama “bolscevismo”.
Riconosce onestamente che non si tratta veramente del marxismo, ma solo di una sua parte, epurata dall’influenza di Feuerbach e “ridotta”, per così dire, a quello che Dugin vede come fondamento del marxismo: i “socialisti utopisti, certamente inclusi da Marx nel novero dei suoi predecessori e maestri, sono gli esponenti di un particolare messianesimo mistico ed i precursori del "ritorno all'Età dell'Oro".
Praticamente tutti furono membri di società esoteriche, fortemente connotate da un'atmosfera di misticismo radicaleggiante, escatologia e predizioni apocalittiche.” (ibid.)
I marxisti ortodossi sbotteranno: vedere il loro maestro trasformato in un occultista esaltato non gli farà certo piacere. Ma sappiano che questa teoria non è nuova e c’è chi ha affermato senza mezzi termini che il vecchio barbuto [non è che fosse un islamo-comunista letteralmente ante litteram!?] era uno degli Illuminati di Baviera.
Ma ora, torniamo a Hegel, indiscusso maestro di Marx: “Se esaminiamo da vicino la dialettica di Hegel, il fondamento metodologico della sua filosofia (e fu proprio il metodo dialettico ciò che Marx prese a prestito in larghissima misura da Hegel), scopriamo una dottrina perfettamente tradizionalista, escatologica perfino, che fa uso di una terminologia specifica. Inoltre, tale metodologia riflette la struttura dell'approccio iniziatico, esoterico, ai problemi gnoseologici […] La filosofia della storia di Hegel è una versione del mito tradizionale, integrata da una teleologia puramente cristiana.
L'Idea Assoluta, alienata da se stessa, diviene il mondo […] Incarnatasi nella storia, l'Idea Assoluta esercita un'influenza dall'esterno sugli uomini, come "astuzia della Ragione", predeterminando il carattere provvidenziale della trama degli eventi. […]
"L'Essere e l'Idea sono una cosa sola". Atman coincide con Brahaman. E questo avviene in un determinato Regno particolare, in un impero della Fine, che il nazionalista tedesco Hegel identificò con la Prussia. L'Idea Assoluta è la tesi; l'alienazione nella storia è l'antitesi; la sua realizzazione nel Regno escatologico è la sintesi.” (pag. 7) L’Assoluto, l’esoterismo, Atman e Brahman e il nazionalismo prussiano.
Ecco da quale parte della dialettica marxiana-hegeliana vuole attingere Dugin.
Nel brano citato troviamo inoltre l’escatologia apocalittica, che lui ritiene – secondo me a ragione – il motivo principale della teoria marxiana: “Non a caso, egli definisce lo stadio iniziale dell'umanità come "comunismo delle caverne". La tesi è il "comunismo delle caverne", l'antitesi è il Capitale, la sintesi è il comunismo mondiale. Comunismo è sinonimo di Fine della Storia” (pag. 7).
Il punto essenziale del marxismo non è, come molti sostengono, il materialismo.
Se così fosse ci si sarebbe limitati a una accettazione supina dell’andamento meccanico dell’economia senza portare in ballo coscienza di classe, rivoluzione, ecc. Il marxismo non è affatto democriteo, ma fondamentalmente dialettico, finalizzato alla trasformazione della realtà.
E questo Dugin lo ha capito bene:
“Il materialismo, la focalizzazione sulle relazioni economiche e industriali, tutto questo non testimonia dell'interesse di Marx per la prassi, ma della sua aspirazione alla trasformazione magica della realtà [...] Secondo una simile logica [di quelli che considerano Marx semplicemente un materialista], gli alchimisti medievali potrebbero essere tacciati di "materialismo" e sete di guadagno - qualora non si tenga in considerazione il simbolismo profondamente spirituale ed iniziatico che si cela dietro i loro discorsi sulla disti
llazione delle urine, sulla fabbricazione dell'oro, sulla conversione dei minerali in metalli, e via dicendo” (pag. 7).
Marx era quindi per Dugin un alchimista, un distillatore dell’elemento purissimo, un trasformatore degli elementi per giungere al metallo nobile, l’età dell’oro.
Sappiamo che nelle antiche dottrine la trasformazione degli elementi avveniva attraverso due fasi, l’opera al nero – distruzione, morte iniziatica, superamento delle condizioni iniziali – e infine l’opera al bianco – la costruzione dell’elemento finale, lo stabilirsi dell’ordine su basi superiori, la nuova vita, l’uomo nuovo o nuova società. E tutto ciò doveva portare al Rubedo. L'opera al rosso. Rosso, appunto.
Infatti l’obiettivo primario della rivoluzione è la distruzione (opera al nero) dei vecchi rapporti di produzione, che nella filosofia marxiana rappresentano la struttura sociale.
Secondo Dugin, questo “marxismo alchemico e gnostico” venne raccolto “dai bolscevichi russi, cresciuti in un ambiente nel quale le forze enigmatiche delle sette russe, il messianismo nazionale, le società segrete ed i tratti appassionati e romantici dei ribelli russi erano in fermento contro un regime monarchico alienato, secolarizzato e degradato.” (pag. 7).
Ma veniamo al nazionalismo.
Per Dugin non si tratta di un concetto strettametne politico, quanto geo-metafisico.
Riprende la distinzione di Mackinder e della sua teoria della Heartland, che contrappone l’atlantismo, fondato sull’elemento “mare” all’eurasismo, fondato sull’elemento “terra”.
E qui diventa veramente affascinante:
“Secondo la dottrina Tradizionale, un determinato Angelo, un determinato essere celestiale è incaricato di vegliare su ciascuna nazione della Terra. Quell'Angelo è il senso storico della particolare nazione - al di fuori del tempo e dello spazio, purtuttavia costantemente presente nelle vicissitudini storiche della nazione.
E' qui il fondamento della mistica della nazione.
L'Angelo della nazione non è alcunché di vago o sentimentale, nebuloso - è un'essenza intellettuale, luminosa, un "pensiero di Dio", come disse Herder. La sua struttura è visibile nelle realizzazioni storiche della nazione, nelle istituzioni sociali e religiose che la caratterizzano, nella sua cultura. L'intera trama della storia nazionale non è altro che il testo della narrazione della qualità e della forma di quel luminoso Angelo nazionale.
Nelle società tradizionali l'Angelo della nazione si manifestava in forma personale nei re "divini", nei grandi eroi, nei pastori e nei santi. Ma la sua realtà sovrumana lo rende indipendente dal portatore umano.” (pag.8).
Per nazione non si intende quindi un semplice insieme di individui, di rapporti sociali, economici o politici, di istituzioni o confini territoriali. La nazione non è nemmeno un ente metafisico derivato.
La nazione è un intelligibile, un archetipo, un essere vivo e senziente, un angelo. In forma fenomenica si realizza nella storia (cfr. Hegel), ma la sua essenza è atemporale e indipendente dagli eventi accidentali o dagli individui, forme e istituzioni che ne fanno parte.
Questo “angelo” della nazione si rivela nei modelli culturali, nei comportamenti e atteggiamenti dei singoli individui solo in parte, e spesso in maniera distorta o deviata, mentre è espresso e conosciuto in maniera più compiuta dalle avanguardie nazionaliste, sette di intellettuali estoterici e misticheggianti – e forse molti di voi direbbero “deliranti”! -. Incarnazione ancora più perfetta dello “spirito della nazione” è poi il “re divino” che porta Dugin dritto dritto al neo-zarismo.
E ora veniamo all’angelo di una particolare nazione: la Russia: “L'Angelo della Russia si svela quale Angelo dell'integrazione, quale essere luminoso particolare che cerca di unire teologicamente altre essenze angeliche all'interno di sé, senza cancellarne le individualità, ma elevandole alla scala imperiale universale..”(pag. 8).
L’angelo russo ha quindi una particolare mission, una responsabilità che va oltre le proprie circoscritte competenze territoriali, ma coinvolge anche altri “angeli” di nazioni vicine in senso geo-politico.
Ciò ha a che vedere con la contrapposizione Atlantismo-Eurasiatismo, mare-terra, oriente-occidente, che troviamo in Mackinder: “Le orde angeliche dell'Eurasia contro le armate Atlantiche del capitale. La vera natura dell'"angelo" del Capitalismo (secondo la Tradizione il suo nome è Mammona) non è difficile da indovinare...”(pag. 8).
Trovo carina questa epica vetero-sovietica, ma gli stalinisti aspettino prima di entusiasmarsi, infatti nel prossimo post, che titolerò prosaicamenteIL TRADIZIONALISMO E LA VIA DELLA MANO SINISTRA”, vedremo che fine farà il sogno comunista.
Leila Pettinari


LA TRADIZIONE E LA VIA DELLA MANO SINISTRA


Vi avevo lasciati con l’immagine fantastica di due schiere di angeli in guerra tra loro. Da una parte gli angeli dell’Assoluto e del Nazionalbolscevismo capeggiati dall’Angelo Luminoso del Nazionalismo Russo, dall’altra gli angeli della Società Aperta, delle Potenze Atlantiche, dell’Individuo e del Capitalismo, capeggiati da Mammona .
Forse per alcuni questo mito è un po’ azzardato e poco credibile, ma provate a tradurlo in termini terreni, e vedrete che la battaglia angelica prospettata da Dugin non è poi tanto diversa da quello che pensano – e che pensiamo – molti di noi: l’America, l’Impero, il Capitale e i loro vassalli contro le Forze del Bene. Semmai è sull’ultimo elemento – il Bene – che possiamo dividerci. Chi sono gli Angeli Buoni? I comunisti? I musulmani? I lavoratori? Le religioni? La razza ariana? I buonisti pacifisti? Ecco, questo è il nostro problema: capire qual è l’Angelo Luminoso che ci guiderà alla vittoria.
Per Dugin invece la cosa è più semplice: gli opposti coincidono all’apice della costruzione metafisica: l’Angelo è proprio un Angelo, non un’idea astratta. Un intelligibile un archetipo, vivo dentro e fuori di noi. Lasciamoci guidare, sa lui dove deve condurci.
Alla tradizione e irrazionalismo.
E introduce a questo punto un’altra coppia di opposti: il razionalismo e l’irrazionalismo:
“Quando Karl Popper "smaschera" i nemici della "società aperta", egli fa uso costantemente del termine "irrazionalismo". […]". Di solito, persino gli autori più apertamente anti-liberali tendono a giustificarsi e ad obiettare di fronte all'accusa di "irrazionalismo". I nazional-bolscevichi, accettando coerentemente lo schema di Popper, esprimono una valutazione tutt'affatto opposta, ed accettano anche questa accusa. E' vero - la motivazione principale dei "nemici della società aperta" e dei suoi più acerrimi e coerenti avversari, i nazional-bolscevichi, non nasce sul terreno razionalistico.” (pag. 9).
Dalla parte di Mammona quindi troviamo il razionalismo; da quella dei nazionalbolscevichi, al contrario, l’irrazionalismo. Il primo indica per Dugin (e per molti altri) la ragione discorsiva (dianoia), il secondo l’Intelletto. Naturalmente considerare l’Intelletto “irrazionale” è un errore, ma lo commettono in molti, quindi, possiamo perdonarlo anche a Dugin.
I nazionalbolscevichi sono dunque degli irrazionalisti, nel senso che seguono un angelo, un principio, che credono nel sacro e sono dei tradizionalisti.
“L'irrazionale non è interpretato dai tradizionalisti come una categoria negativa o peggiorativa, ma come una gigantesca sfera della realtà, non passibile di studio con i soli metodi dell'analisi e del senso comune. Pertanto, su questo tema la dottrina tradizionale non sfida le sagaci conclusioni del liberale Popper, ma anzi concorda con esse, puntando nella direzione opposta. La Tradizione si fonda sulla conoscenza super-intellettuale, sul rituale iniziatico che provoca la frattura della consapevolezza, su dottrine espresse in simboli. […] Il centro di gravità della Tradizione si colloca entro una sfera non soltanto non razionale, ma persino non Umana - e non si tratta della bontà dell'intuizione, della previsione o dei presupposti, ma dell'affidabilità della particolare esperienza iniziatica. L'irrazionale, smascherato da Popper come punto centrale delle dottrine dei nemici della Società Aperta, è in verità nientemeno che l'asse del Sacro, il fondamento della Tradizione.” (pag.9)
Popper dalla parte di Mammona e Dugin dalla parte del Sacro concordano praticamente su tutto e si contrappongono entrambi a Platone sulla definizione del termine razionale (per i platonici infatti l’Intelletto corrisponde alla massima razionalità, non all’irrazionale).
Ma, dato che né Popper né Dugin sono degli sprovveduti, devo pensare che non si tratti di un errore dovuto a ignoranza, ma a un vero e proprio distacco dagli antichi teorici della supremazia dell’Intelletto (v. sotto).
Ora sorge una domanda: volendo Dugin mescolare alchemicamente destra e sinistra per sublimarle in un super-composto, come diavolo farà a metterle d’accordo sul terreno del Sacro, della Tradizione e costringere tutte e due a seguire un angelo irrazionale?
Certo, si è già parlato dell’esoterismo delle avanguardie politiche, ma vi sono alcuni elementi che fanno della sinistra radicale un movimento essenzialmente anti-tradizionalista. “le ideologia rivoluzionarie anti-liberali, specie il comunismo, l'anarchismo e il socialismo rivoluzionario, si prefiggono la radicale distruzione non solo dei rapporti capitalistici, ma anche delle istituzioni tradizionali - monarchia, chiesa, organizzazioni religiose... Come combinare questo aspetto dell'anti-liberalismo con il tradizionalismo?” (pag. 9).
Per risolvere questo dilemma Dugin sfodera il suo asso nella manica:
La via della mano sinistra!
Nel precedente articolo abbiamo definito Marx un alchimista intento a perseguire l’opera al nero, la distruzione delle attuali condizioni sociali (o rapporti di produzione).
La società della nuova era emergerà poi, dopo un periodo di terrore, spontaneamente dalle mutate condizioni di produzione. Questo ragionamento – distruggere per poi, in seguito, creare il nuovo – è anche definito come magia nera (al contrario, la magia bianca crea per poi portare alla distruzione. Esempio: per conquistare l’amore di un uomo sposato una strega può scegliere il procedimento nero – far sciogliere il matrimonio per poi suscitare il desiderio nell’uomo desiderato – o il procedimento bianco – legare a sé l’amato e, di conseguenza, causare il divorzio dall’altra. Come vedete, il risultato è lo stesso: qualcosa viene creato e qualcosa viene distrutto. Diversa è la magia rossa che, al contrario delle prime due, è solo creativa).
Nel senso più ampio dei movimenti religiosi e di culto questo corrisponde al tentativo di anticipare l’avvento dell’Anticristo (Dajjal) per affrettare la conclusione di questa brutta storia chiamata mondo e giungere al più presto a ciò che ci attende dall’altra parte – il Nuovo Eone, l’Età dell’Oro, il Regno di Dio, la Società Comunista, o qualsiasi cosa vogliate immaginarvi.
Gli adepti della via della mano sinistra ne fanno di tutti i colori: trasgrediscono le regole e la morale che loro stessi ritengono giusta, sprofondano nella depravazione, bestemmiano il Dio in cui loro stessi credono e distruggono anche quel poco di positivo che è rimasto in questo marasma di corruzione.
La critica distruttiva verso le Chiese non è mera negazione della religione, è una particolare forma estatica dello spirito religioso, che insiste sulla natura assoluta e concreta dell'auto-trasformazione "qui ed ora". […] … via via che le tradizionali istituzioni conservatrici decadono (è il caso della monarchia, della chiesa, della gerarchia sociale, del sistema delle caste, ecc.), assumono un ruolo sempre più di primo piano quelle particolari pratiche iniziatiche, rischiose e pericolose, legate alla "Via della mano sinistra". Il tradizionalismo tipico del nazional-bolscevismo, nel suo significato più generale, è l'esoterismo "di sinistra", che ricalca nella sostanza i princìpi del kaula tantrico e la dottrina della "trascendenza distruttiva". Razionalismo ed umanismo di stampo individualista hanno colpito a morte persino quelle organizzazioni del mondo contemporaneo che nominalmente hanno ancora carattere sacro.” (pag.10).
La sinistra radicale non è, per Dugin, anti-tradizionale, in realtà la rivoluzione che propone è finalizzata a ristabilire l’antica tradizione; ma per fare questo, bisogna superare l’attuale condizione,
distruggere il regno di Mammona e tutto ciò che ne fa parte.
Anche il filosofo italiano pagano Julius Evola era un seguace della via della mano sinistra: “Non si tratta soltanto del suo anti-cristianesimo, ma del suo spiccato interesse per la tradizione tantrica e per il Buddhismo, che nel contesto del tradizionale conservatorismo induista sono ritenuti affatto eterodossi e sovversivi. Inoltre, sono assolutamente scandalose le simpatie di Evola nei confronti di personaggi come Giuliano Kremmerz, Maria Naglovska e Aleister Crowley, che furono senza esitazioni annoverati da Guénon fra i rappresentanti della "contro-iniziazione", della tendenza negativa e distruttiva dell'esoterismo. […] Ancora più significativo è il suo riconoscersi fra i seguaci della "Via della mano sinistra". E qui giungiamo ad un punto specificamente connesso con la metafisica del nazional-bolscevismo.” (pag. 9).
Questo basta a Dugin per inserire il filosofo italiano, volente o nolente, nelle file con Lenin e Marx, guidate dal nobile Angelo delle steppe siberiane. A loro volta Lenin e Marx dovranno adattarsi ad essere “irrazionalmente” guidati da un angelo. “I nazional-bolscevichi intendono l' "irrazionale" non semplicemente come "non razionale", ma come "attiva ed aggressiva distruzione del razionale", come lotta con la "coscienza quotidiana" (e contro il "comportamento quotidiano"), come immersione nell'elemento della "nuova vita" - quella particolare esistenza magica dell' "uomo differenziato" che ha rigettato ogni divieto e norma esteriore.” (pag. 10)
E se qualcuno si chiedesse: ma perché dobbiamo unirci con i nostri nemici di sempre? Dugin risponde, con il suo stile epico e affascinante:
“Se la "sinistra estrema" rifiuta di essere l'appendice venale ed opportunista della Socialdemocrazia, se la "destra estrema" non vuole essere usata come terreno di reclutamento, come frazione estremista dell'apparato repressivo del sistema liberale, se gli uomini posseduti dal sentimento religioso non trovano soddisfazione nei miserabili surrogati moralistici offerti loro sul piatto dai sacerdoti di culti imbecilli o di un neospiritualismo primitivo, una sola via resta loro - il nazional bolscevismo.
Al di là di "destra" e "sinistra", vi è una sola e indivisibile Rivoluzione, nella triade dialettica "Terza Roma - Terzo Reich - Terza Internazionale". Il regno del nazional-bolscevismo, il Regnum, l'Impero della Fine - ecco il compimento perfetto della più grande Rivoluzione della storia, al contempo continentale ed universale. E' il ritorno degli angeli, la resurrezione degli eroi, l'insurrezione del cuore contro la dittatura della ragione. Questa Ultima Rivoluzione è compito dell'acefalo, il portatore senza testa di croce, falce e martello, coronato dal sole dello svastika eterno” (pag. 10).
Se qualcuno avrà voglia di leggersi l’articolo per intero noterà che Dugin, per quanto parli di Tradizione e di Angeli, non approfondisce mai il punto di vista teologico, e nemmeno religioso.
Un’ideologia di questo tipo, infatti, legata alla metafisica geo-politica, alla supremazia dei popoli e alle “élites” gnostiche antinomiche, non può essere inclusa in una religione rivelata. Non può, perché questo tipo di pensiero è essenzialmente e intrinsecamente pagano (e i suoi angeli non sono nunzi di Dio, ma dèi pagani assetati di potere in costante guerra tra loro, una tale filosofia rifiuta profeti e rivelazioni. Infatti, ciò che intende distruggere comprende anche le religioni rivelate con le loro strutture ecclesiastiche, i loro precetti e la loro morale - i riferimenti a Evola non sono casuali).
Inoltre, tornando all’irrazionalismo professato da Dugin, notate che le religioni rivelate non considerano se stesse “irrazionali: l’Essere Razionale per eccellenza è Dio. La nostra razionalità consiste nel seguirLo, l’irrazionalità nell’allontanarsi da Lui e disobbedirGli.
Dugin non ci spiega, al termine dell’articolo, quale è il sistema politico da lui auspicato, ma è facile immaginarselo a grandi linee.
In realtà lui ha in mente un Russia ancestrale, dominata da una monarchia assolutista che incarni l’archetipo ctonio dell’Eurasia. Comunque, per eventuali approfondimenti vi consiglio di leggere direttamente i suoi articoli.
Come ho spiegato in un precedente post, questo tipo di ideologia, che sembra fondere destra e sinistra, è essenzialmente nazi-fascista. La metafisica della nazione, irrazionale e pagana, è tipica di questo tipo di pensiero.
Hitler stesso infatti era un sacerdote pagano, casto e vegetariano come i suoi antichi predecessori (che però non possono essere tacciati di nazismo, né di razzismo o di irrazionalità), alla ricerca del suo “angelo della nazione” .
Ma la domanda iniziale era: Dugin può essere considerato un filosofo nel senso socratico del termine?
Voi che ne pensate?
Leila Pettinari

Dugin con Alessandra Colla e Maurizio Murelli in una foto del 1994