Vincenzo Vinciguerra: La settimana di Israele (sulla presunta unicità dell'Olocausto)


Gli effetti dei bombardamenti israeliani su Gaza

Dal sito Archivio Guerra Politica:
http://www.archivioguerrapolitica.org/?p=5816

LA SETTIMANA DI ISRAELE


Opera, 25 gennaio 2015
Ogni anno, puntualmente, nel mese di gennaio si assiste allo spettacolo del ricordo di quella che gli ebrei chiamano la Shoah o l’Olocausto, intendendo con ciò affermare che mai nella storia dell’umanità si era verificato un genocidio come quello compiuto dai tedeschi ai loro danni nel corso della Seconda guerra mondiale.
Se ricordiamo i dieci milioni di congolesi trucidati in un ventennio dai cattolici belgi, gli indios del Sud America e dell’America centrale massacrati a milioni da spagnoli, portoghesi, francesi, inglesi, i morti provocati dalla deportazione dei negri africani nelle Americhe, il dubbio che nella storia dell’umanità ci sia stato un solo olocausto è doveroso.
Non intendiamo entrare nel merito di un argomento che appartiene alla storia e che è ben lontano dall’essere condiviso da tutti, visto che fino ad oggi su di esso hanno parlato solo i vincitori e gli interessati, non i vinti né gli storici.
La Seconda guerra mondiale scatenata dalle potenze anglo-sassoni per distruggere la Germania, è costata 56 milioni di morti, di cui 7 milioni fra militari e civili germanici, una cifra superiore a quella dei 6 milioni di ebrei che vanta lo Stato d’Israele.
Noi li ricordiamo tutti, perché per noi l’Olocausto è stato rappresentato dal bilancio finale di una guerra mondiale che è servita ad affermare la supremazia nel mondo degli Stati unti d’America.
Detto questo, ci chiediamo per quale motivo l’Italia debba ricordare per legge, sollecitata fra gli altri dagli ex neofascisti del Movimento sociale poi Alleanza nazionale, un episodio per quanto tragico che appartiene alla storia ed alla memoria di un altro popolo.
Ci chiediamo per quali ragioni la “Giornata della Shoah” sia, in questo Paese, trasformata nella “Settimana della Shoah”, ponendoci al primo posto nel mondo nel ricordo di un evento nel quale l’Italia non ha avuto alcuna responsabilità.
Non si contesta la “Shoah” perché, sia ben chiaro, il giudizio storico non deve cancellare errori ed orrori da chiunque commessi, se ne contesta lo sfruttamento ad oltranza e la pretesa di farla pesare su popoli che dalla fine della Seconda guerra mondiale in avanti hanno assistito ad altri orrori, massacri, olocausti, non attribuibili ai vinti.
È lecito ritenere che la “Settimana della Shoah” risponda ad esigenze attuali di natura politica imposte dalla necessità di favorire lo Stato d’Israele.
È, Israele, una piccola nazione che ha una popolazione di pochi milioni di abitanti, ma che dal 1948 conduce una politica di annientamento e di oppressione dei popolo palestinese, ponendosi come causa prima delle tensioni e dei conflitti che destabilizzano da quella data il Medio Oriente.
Nel momento in cui matura nei ceti dirigenti di vari paesi europei la consapevolezza che l’unico modo per rendere giustizia al popolo palestinese è quello di riconoscere la Palestina come Stato sovrano ed indipendente, in Italia la campagna del ricordo della “Shoah” diviene ossessiva e martellante.
Non è una coincidenza.
Lo Stato d’Israele è nato sul sangue dei palestinesi e con i soldi che la Germania federale ha versato nella sue capienti casse a titolo di risarcimento per ogni ebreo morto durante la Seconda guerra mondiale per mano tedesca.
E il ricordo di un passato ormai lontano serve oggi per far dimenticare gli orrori dell’occupazione israeliana della Palestina e giustificarli con la pretesa della difesa della sicurezza di una Nazione che è la prima potenza militare in Medio Oriente e la sola in possesso di armi nucleari.
Si cerca in questo modo di condizionare la decisione che dovrà assumere il Parlamento italiano in merito al riconoscimento dello Stato di Israele.
Mentre continuiamo a fare la politica dell’America per l’America, dagli anni Novanta abbiamo iniziato a fare anche la politica di Israele per Israele.
Gli Stati uniti sono la potenza egemone alla quale il servilismo della classe dirigente italiana sacrifica soldi e sangue italiani, non lo è lo Stato di Israele.
Dobbiamo chiederci, di conseguenza, quali siano le ragioni recondite che obbligano i politici italiani a inimicarsi i popoli arabi per favorire, ad ogni costo, gli interessi di una piccola Nazione fino ad esporci alle rappresaglie dei combattenti islamici.
La Svezia ha avuto la dignità ed il coraggio di riconoscere lo Stato di Palestina, l’Italia no.
Anche nei rapporti internazionali dovrebbe esistere un senso di giustizia, quindi chiedere che si ponga un limite alla persecuzione dei palestinesi condotta senza tregua e con spietatezza da Israele non significa assumere una posizione anti-ebraica, ma solo riconoscere che è giunto il momento dopo 67 anni di restituire libertà ed indipendenza al popolo di Palestina.
Senso di giustizia sul piano internazionale e difesa degli interessi italiani, dovrebbero imporre alla classe dirigente tutta di modificare la sua politica di sostegno ad Israele, Stato fuorilegge perché non ha firmato mai un solo trattato internazionale e che si colloca al primo posto nella violazione dei diritti umani.
Un buon numero di pennivendoli italici, pseudo intellettuali e guitti si presentano in questi giorni sugli schermi televisivi per affermare, con faccia funerea, ”sono passati 70 anni. Io ricordo”.
Dall’ultimo massacro di donne, bambini, vecchi e civili palestinesi compiuto dagli israeliani a Gaza sono passati solo due mesi e nessuno ricorda?
Vogliono i governi italiani dedicare ogni anno, nel mese di gennaio, una settimana ad Israele?
Facciano pure, ma si decidano a dedicare un giorno al ricordo dell’Olocausto palestinese, in una data scelta fra le mille che, nel corso di quasi un secolo, riportano alla memoria i tanti massacri compiuti dagli israeliani per imporre la loro presenza in una terra nella quale vivevano in pace e in pace potevano tornare, e nella quale viceversa sono rientrati da dominatori e persecutori.
Invece di ricordare ipocritamente gli olocausti del passato, fermiamo quelli in corso nel presente, compreso e per primo quello che conduce Israele in Palestina.
Non ci potrà mai essere pace senza giustizia in Medio Oriente, ed imporre ad Israele il rispetto per gli altri popoli e per quello palestinese per primo, è il solo modo per mettere a tacere le armi perché, in caso contrario, la guerra andrà avanti ad oltranza e, con la politica anti-italiana e pro-israeliana dei nostri governi, ci toccherà contare anche i nostri morti non solo militari in Iraq e in Afghanistan ma sul territorio nazionale, come è già avvenuto negli anni Settanta, quando “nazisti” e “fascisti” italiani lavoravano per gli Stati uniti ed Israele.
Ricordiamoci anche questa verità, se vogliamo evitare che il passato ritorni.

Il pavimento di Piazza Montecitorio, ristrutturato nel 1998 per inserirvi il candelabro a sette braccia