Paul Eisen: un ebreo solidamente revisionista


Dalla nostra corrispondente Bocage ricevo e traduco:
Come il suo amico, il musicista jazz Gilad Atzmon, Paul Eisen, ebreo israeliano, vive in Inghilterra. Nonostante il suo ruolo di direttore per l’Inghilterra del movimento “Deir Yassin Remembered” (Ricordo del massacro dei palestinesi del villaggio di Deir Yassin) è stato a lungo considerato come un uomo rispettabile fino al giorno in cui … nel 2005 ha aperto gli occhi sul revisionismo e ha pubblicato un testo intitolato “The Holocaust Wars” (Le guerre dell’Olocausto): in esso, vi prendeva le difese del revisionista tedesco-canadese Ernst Zundel, all’epoca incarcerato, e presentava in modo obbiettivo gli argomenti dei revisionisti. Gli anglofoni troveranno una lunga confessione molto toccante di quest’uomo intitolata “My Life as a Holocaust Denier” (La mia vita di negazionista), del 2008, al seguente indirizzo:
http://www.righteousjews.org/article27a.html#ref12
Paul Eisen è stato fatto oggetto di interminabili persecuzioni ma non ha mai ritrattato. Per lui, i revisionisti fanno parte “delle persone più coraggiose del pianeta” …
Il 5 dicembre 2012, scriveva sul suo blog un articolo avente per titolo “Why I Call Myself a Holocaust Denier” (Perché mi definisco un negazionista) che terminava con queste parole (traduzione MOLTO rapida)[1]:
Gli studiosi e i ricercatori revisionisti dell’Olocausto sono studiosi coscienziosi e competenti dei fatti storici, e per loro il termine “negazionisti dell’Olocausto” è solo un insulto per additarli all’esecrazione, come il termine “strega” nel Medioevo. Ma per me, “negazionista dell’Olocausto” è un’etichetta che accetto. Questo non perché non pensi che agli ebrei non sia accaduto nulla di cattivo nelle mani dei nazionalsocialisti – per quello che vale la vera storia della brutale pulizia etnica mi commuove molto di più di qualunque “Olocausto” – e certamente non è perché pensi che violenze del genere siano giuste e appropriate. No, io nego l’Olocausto perché – nel modo in cui si è costituita, ed è stata sfruttata e attuata – la narrazione dell’Olocausto è un dio falso e offensivo, e voglio mettere tra essa e me la maggiore distanza possibile.