Carlo Mattogno su Barbara Frale e lo sterminio degli ebrei


 
La pubblicistica favorevole a Pio XII (pubblicistica generalmente puramente difensiva[1], che non mette in discussione le responsabilità per lo scatenamento della seconda guerra mondiale) si è arricchita, nel 2011, di un interessante libro della storica Barbara Frale. Il libro in questione – IL PRINCIPE E IL PESCATORE – Pio XII, il nazismo e la tomba di san Pietro in Vaticano – è incentrato sull’avvio degli scavi, promosso da Papa Pacelli, sotto le fondamenta della basilica vaticana ma anche sull’opera di soccorso esercitata dal Papa nei confronti degli ebrei perseguitati dalla politica nazionalsocialista. In questo contesto, l’autrice ha citato una direttiva segreta del Papa al riguardo, denominata Opere et caritate, di cui non è stata trovata finora  traccia scritta. Il fatto che, per tale motivo, siano stati sollevati dubbi sull’effettiva esistenza di tale direttiva ha indotto la Frale a portare il paragone della volontà di Hitler di sterminare gli ebrei, di cui – la Frale lo afferma esplicitamente – non esiste parimenti traccia scritta e sulla cui esistenza non esistono però dubbi da parte degli storici (almeno, di quelli mainstream, a cominciare proprio dalla Frale). Sulle fonti citate dalla storica in questione a sostegno della tesi sterminazionista, ho chiesto un parere a Carlo Mattogno. Gliel’ho chiesto perché Barbara Frale non è un Muehlenkamp qualsiasi, ma una storica di chiara fama, ufficiale dell’Archivio Segreto Vaticano nonché uno dei massimi esperti mondiali dei templari. Il suo è quindi un parere meritevole di attenzione, che andava vagliato e confutato. 

L'opera di Barbara Frale Il Principe e il Pescatore. Pio XII, il nazismo e la tomba di San Pietro (Mondadori, 2011, pp. 223-224) contiene il brano che se segue:

«Senza dimenticare che non restano per ora testimonianze scritte su questa direttiva, va considerato che non resta nemmeno una sola prova concreta circa la volontà di Hitler di sterminare gli Ebrei. La pianificazione della cosiddetta “soluzione finale” (Endlösung) infatti non è attestata da un atto storico concreto ordinato o firmato da Adolf Hitler: il 31 luglio [1941]  Hermann Göring  impartì al capo dello Sd,  Reinhard Heydrich, l'ordine di “procedere alla soluzione finale del problema ebraico”, e lo stesso termine  Endlösung compare in un decreto del Reichssicherheitshauptamt  (Rsha, l'ufficio centrale per la sicurezza del Reich) del 20 maggio 1941. Hitler fece solo due vaghe allusioni molto laconiche nei suoi discorsi pubblici parlando di una “liquidazione” del problema giudaico: chi ama le deduzioni vicine all'assurdo potrebbe anche arguire che il Führer non sapesse niente dei lager, perché tutto venne organizzato dai gerarchi di loro iniziativa e a sua completa insaputa. Ovviamente ragionare in questo modo non fa parte del mestiere di storico; sappiamo infatti e da precisi documenti che sull'intero programma di sterminio era stato ordinato il più rigido segreto militare: una precisa direttiva di Martin Bormann imponeva che “trattando in pubblico della questione ebraica, si deve evitare ogni accenno a una futura soluzione totale”».

Bisogna dire che  non fa parte del mestiere di storico neppure la superstizione della parola o, se si preferisce, la ricerca della parola magica da mettere in bella mostra.

Senza entrare troppo nei dettagli, la lettera di  Göring a Heydrich del 31 luglio 1941 diceva:

«A integrazione dei compiti a Lei già assegnati con decreto del 24 gennaio 1939 di portare la questione ebraica ad una opportuna soluzione in forma di emigrazione o evacuazione il più possibile adeguata alle circostanze attuali, con la presente La incarico di curare tutti i preparativi necessari sotto il profilo organizzativo, pratico e materiale per una soluzione totale [Gesamtlösung] della questione ebraica nei territori sotto l’influenza tedesca. Nella misura in cui vengano toccate le competenze di altre autorità centrali, queste devono essere cointeressate. La incarico inoltre di presentarmi quanto prima un progetto complessivo dei provvedimenti preliminari organizzativi, pratici e materiali per l’attuazione dell’auspicata soluzione finale [Endlösung ] della questione ebraica»[2].

In Ergänzung der Ihnen bereits mit Erlaß vom 24.I.39 übertragenen Aufträge, die Judenfrage in Form Auswanderung oder Evakuierung einer den Zeitverhältnissen entsprechend möglichst günstigen Lösung zuzuführen, beauftragte ich hiermit, alle erforderlichen Vorbereitungen in organisatorischer, sachlicher und materieller Hinsicht zu treffen für eine Gesamtlösung der Judenfrage im deutschen Einflußgebiet in Europa.

Soferne hierbei die Zuständigkeiten anderer Zentralinstanzen berührt werden, sind diese zu beteiligen.

Ich beauftrage Sie weiter, mir in Bälde einen Gesamtentwurf über die organisatorischen sachlichen und materiellen Vorausmaßnahmen zur Durchführung der angestrebten Endlösung der Judenfrage vorzulegen»].

Il decreto di Göring del 24 gennaio 1939 si riferiva alla istituzione di una «Centrale del Reich per l'emigrazione ebraica” (Reichszentrale für jüdische Auswanderung) che aveva il compito di promuovere con tutti i mezzi «l'emigrazione degli Ebrei dalla Germania» («die Auswanderung der Juden aus Deutschland»)[3].

Il termine “Gesamtlösung”, soluzione totale, significava che il compito di risolvere la questione ebraica mediante emigrazione o evacuazione che riguardava originariamente soltanto gli Ebrei del Reich, ora veniva esteso a tutti i  territori che erano sotto l’influenza tedesca.

La svolta era avvenuta poco più di un anno prima. Il  24 giugno 1940 Heydrich inviò al ministro degli Esteri Ribbentrop la seguente lettera:

«Caro camerata Ribbentrop,

nel 1939 il Generalfeldmarschall [Göring], nella sua qualità di incaricato del piano quadriennale, mi ha affidato il compito di attuare l’emigrazione ebraica da tutto il territorio del Reich. Nel periodo successivo, nonostante grandi difficoltà, si riuscì, persino durante la guerra, a portare avanti con successo l’emigrazione ebraica. Dall’assunzione del compito da parte del mio ufficio, il 1° gennaio 1939, fino ad ora, sono emigrati complessivamente dal territorio del Reich oltre 200.000 Ebrei. Ma il problema totale  – si tratta già di circa 3.250.000 Ebrei nei territori attualmente sotto sovranità tedesca – non può più essere risolto mediante emigrazione. Si rende perciò necessaria una soluzione finale territoriale.

Devo pregare di rendermi partecipe delle prossime riunioni che riguardino la soluzione finale della questione ebraica nel caso che debbano essere previste da lì [dal Ministero degli Esteri[4].

Lieber Parteigenosse Ribbentrop!

Der Herr Generalfeldmarschall hat mich im Januar 1939 in seiner Eigenschaft als Beauftragter für den Vierjahresplan mit der Durchführung der jüdischen Auswanderung aus dem gesamten Reichsgebiet beauftragt. In der Folgezeit gelang es, trotz großer Schwierigkeiten, selbst auch während des Krieges, die jüdische Auswanderung erfolgreich fortzusetzen.

Seit Übernahme der Aufgabe durch meine Dientsstelle am 1. Januar 1939 sind bisher insgesamt über 200000 Juden aus dem Reichsgebiet ausgewandert. Das Gesamtproblem - es handelt sich bereits um rund 3 1/4 Millionen Juden in den heute Deutscher Hoheitsgewalt unterstehenden Gebieten - kann aber durch Auswanderung nicht mehr gelöst werden. Eine territoriale Endlösung  wird daher notwendig.

Ich darf bitten, mich bei bevorstehenden Besprechungen, die sich bei der Endlösung  der Judenfrage befassen, falls solche von dort aus vorgesehen sein sollten, zu beteiligen»].

In seguito a questa lettera il Ministero degli Esteri elaborò il  «Progetto Madagascar», che fu abbandonato ufficialmente solo all'inizio del 1942.

Il 10 febbraio  Franz Rademacher, un funzionario del Ministero degli Esteri (Auswärtiges Amt), lo confermò in una lettera al delegato Harald Bielfeld dello stesso Ministero:

«Nell’agosto del 1940 Le consegnai per i Suoi atti il piano della soluzione finale della questione ebraica  elaborato dal mio ufficio, secondo il quale, al trattato di pace, si doveva esigere dalla Francia l’isola di Madagascar, ma l’esecuzione pratica del compito doveva essere affidata al Reichsicherheitshauptamt. Conformemente a questo piano, il Gruppenführer Heydrich è stato incaricato dal Führer di attuare la soluzione della questione ebraica in Europa. La guerra contro l’Unione Sovietica ha frattanto offerto la possibilità di mettere a disposizione altri territori per la soluzione finale. Di conseguenza il Führer ha deciso che gli Ebrei non devono essere espulsi in Madagascar, ma all’Est. Perciò il Madagascar non deve più essere previsto per la soluzione finale»[5].

Im August 1940 übergab ich Ihnen den von meinem Referat entworfenen Plan zur Endlösung der Judenfrage, wozu die Insel Madagaskar von Frankreich im Friedensvertrag gefordert, die praktische Durchführung der Aufgabe aber dem Reichssicherheitshauptamt übertragen werden sollte. Gemäss diesem Plane ist Gruppenführer Heydrich vom Führer beauftragt worden, die Lösung der Judenfrage in Europa durchzuführen.

Der Krieg gegen die Sowjetunion hat inzwischen die Möglichkeit gegeben, andere Territorien für die Endlösung zur Verfügung zu stellen. Demgemäss hat der Führer entschieden, dass die Juden nicht nach Madagaskar, sondern nach dem Osten abgeschoben werden sollen. Madagaskar braucht mithin nicht mehr für die Endlösung vorgesehen zu werden»].

Il «decreto del Reichssicherheitshauptamt»  del 20 maggio 1941 è una lettera inviata agli uffici competenti con oggetto “Emigrazione di Ebrei da Belgio, Francia occupata e non occupata - emigrazione di Ebrei dal territorio del Reich nella Francia non occupata”. Heydrich vi proibì l'emigrazione ebraica da Francia e Belgio  «in considerazione della soluzione finale della questione ebraica senza dubbio prossima (im Hinblick auf die zweifellos kommende Endlösung der Judenfrage[6], cioè in vista dell’attuazione del progetto Madagascar, che si considerava imminente. In effetti Heydrich ribadì anzitutto il principio ispiratore della politica nazionalsocialista nei confronti degli Ebrei:

«Conformemente ad una comunicazione del Reichsmarschall del Grande Reich tedesco [Göring], l’emigrazione ebraica dal territorio del Reich, compreso il Protettorato di Boemia e Moravia, deve essere attuata in modo intensificato anche durante la guerra nell’ambito delle possibilità esistenti seguendo le direttive fissate per l’emigrazione ebraica».

Indi Heydrich spiegò chiaramente le ragioni della proibizione:

«Poiché per gli Ebrei del territorio del Reich ci sono, ad esempio, solo possibilità di espatrio insufficienti, soprattutto attraverso la Spagna e il Portogallo, un’emigrazione di Ebrei dalla Francia e dal Belgio rappresenterebbe un’ulteriore riduzione di esse»[7].

La «direttiva di Martin Bormann», infine, è una  lettera circolare datata  11 luglio 1943  con oggetto “Trattamento della questione ebraica” (Behandlung der Judenfrage):

«Per incarico del Führer comunico:  Nella trattazione pubblica della questione ebraica non deve aver luogo alcuna discussione di una futura soluzione totale. Si può però dire che gli Ebrei vengono impiegati compattamente in un impiego lavorativo utile»[8].

Im Auftrage des Führers teile ich mit: Bei der öffentlichen Behandlung der Judenfrage muss jede Erörterung einer künftigen Gesamtlösung unterbleiben. Es kann jedoch davon gesprochen, dass die Juden geschlossen zu zweckentsprechendem Arbeitseinsatz herangezogen werden»].

Qui dunque non è neppure questione della parola magica “Endlösung”,  ma di “Gesamtlösung. Da questo documento non si può dedurre sensatamente che  «sull'intero programma di sterminio era stato ordinato il più rigido segreto militare», perché la direttiva riguardava esclusivamente la «trattazione pubblica della questione ebraica», ma non valeva per la sua trattazione riservata, nella quale si poteva continuare ad usare tranquillamente il termine “Gesamtlösung”.

In altri termini, non si può ricorrere a documenti di tal fatta per giustificare il fatto che  «non resta nemmeno una sola prova concreta circa la volontà di Hitler di sterminare gli Ebrei» e che  «la pianificazione della cosiddetta “soluzione finale” (Endlösung) infatti non è attestata da un atto storico concreto ordinato o firmato da Adolf Hitler».

Carlo Mattogno

La lettera circolare di Martin Bormann
 


[1] Per un esempio di difesa di Pio XII attiva, di attacco ai suoi nemici, si veda Paul Rassinier, L’operazione «Vicario»:il ruolo di Pio XII davanti alla storia: http://ita.vho.org/Rassinier.htm
[2] PS-710. IMT, vol. XXVI, pp. 266-267. Facsimile  del testo originale in: R.M. Kempner,  Eichmann und Komplizen, op. cit., p. 98.
[3] NG-2586-A.
[4] T-173. Sottolineatura nell'originale.
[5] NG-5770.
[6] NG-3104. La lettera era firmata da Walter Schellenberg in rappresentanza di Heydrich.
[7] Idem.
[8] NO-2710.